22 febbraio 2010

Eccoli, arrivano. E cambierà tutto.


E rieccoci. Puntuali come le bollette del gas e altrettanto molesti, con l'approssimarsi delle elezioni, spuntano gli "amici" peroranti la giusta causa. Ti chiedono, "in nome dei vecchi tempi", una firmetta per presentare la lista. "Sai, vogliono farci fuori - questa legge elettorale è un imbroglio - un ostacolo quasi insormontabile - pensa: quantemila firme..." e bla, bla, bla. A parte il fatto che non firmo più niente se non davanti ai miei avvocati, ma le firme di sottoscrizione delle liste, ultimamente, non erano tutte false? E che vuoi da me? Fai firmare Garibaldi, Totò, Biancaneve, e fottitene. Tanto, male che vada, la sanzione per questa truffa sarà puramente amministrativa.
E poi, quanto ancora devo ripetervi che non ho nessuna intenzione di recarmi al seggio? Che da diversi anni ormai non mi ci reco? Scandalo! Gli "amici" restano interdetti. "Ma come? Tu?" e via le solite filippiche: il voto diritto-dovere, l'astensionismo è un male, rafforza quegli altri, fallo per i vecchi ideali, ci manca solo "il momento è catartico" e poi lo zelig è completo. Ti dicono: abbiamo la possibilità, questa volta, di strappare la Toscana alla sinistra! Minchia! E sai come me la godo. Mettere la Faenzi al posto di Rossi è una di quelle cose per le quali darei la vita...
Una vera rivoluzione, un cambio epocale, l'avverarsi di un sogno a lungo inseguito...
Roba da non dormirci la notte. Come avrò fatto fino ad oggi a convivere con il rimorso di non aver votato alle scorse amministrative? Con la consapevole colpevolezza che, se anche fossi stato residente a Prato, non sarei andato a votare manco al ballottaggio? E adesso avrei il rimpianto di non aver contribuito col mio voto a quella grande svolta che ha consentito di sostituire Bencini con Borchi, Giovagnoli con Bernocchi, Mazzoni con la Beltrame e ...Milone con Milone!
Suvvia "amici": lasciate noi vecchi idealisti e sognatori alle nostre dilettevoli ed inutili occupazioni. Le cose serie, quelle importanti, da cui dipendono le sorti nostre e dei nostri figli, le lasciamo a voi. Siamo sicuramente in buone mani...

16 febbraio 2010

La tangente è viva e lotta insieme a noi.



Qualcuno pensava che con la seconda repubblica il fenomeno della corruzione politica si fosse quantomeno attenuato? Che dopo lo sconquasso delle inchieste su tangentopoli i protagonisti della scena politica nostrana si fossero almeno fatti un po' più prudenti?
L'irruzione della cosiddetta "società civile" nella gestione della cosa pubblica e la contemporanea dissoluzione dei partiti tradizionali non hanno portato quel rinnovamento che ci si aspettava. Anzi, l'ingresso dei nuovi attori sulla scena politica ha comportato l'avvento di un'etica a volte persino peggiore di quella corrotta e decadente dei vecchi partiti "di regime". Tutto come prima, dunque?
No, una cosa è cambiata: non ci sono più i "carabinieri missini" a presidiare le istituzioni, a sorvegliare queste vere e proprie "cittadelle del malaffare". Nessuno più denuncia le irregolarità, gli illeciti e gli intrecci tra politica ed economia. Perché gli ex missini ancora in servizio, un tempo gli unici allenati all'opposizione e al rigore morale, sono diventati qua e là forza di governo e quindi sono passati dall'altra parte della barricata; e perché gli ex amministratori della sinistra, precipitati qua e là all'opposizione, non hanno voglia, interesse e cultura per denunciare il malaffare, avendola, quella parte della barricata, occupata per lunghissimo tempo.
"Oggi - dice Fini - chi ruba non lo fa per il partito ma solo per se stesso". Non sappiamo sulla base di quale esperienza il presidente della Camera faccia questa affermazione. Avrà i suoi buoni motivi. A noi pare che manchino quegli uomini che in tempi molto più difficili degli attuali, svolgevano con serietà il loro mandato non a favore solo di un partito, ma a vantaggio di tutta la collettività.

15 febbraio 2010

Nel fango.



Dal Corriere della Sera:

L'inchiesta di Firenze: gli appalti,
gli imprenditori e i contatti con i politici
Le telefonate di Verdini (Pdl) e Fusi della Bpt

ROMA — «Nel corso dell’attività d’indagine sono stati raccolti numerosi elementi riferiti all’operatività di una struttura facente capo a due alti funzionari del ministro delle Infrastrutture, Angelo Balducci e Fabio De Santis, finalizzata all’illecita ripartizione dei lavori appaltati nell’ambito dei Grandi eventi». Comincia così l’informativa del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, sezione Anticrimine di Firenze, che il 15 ottobre scorso riferiva ai magistrati il presunto intreccio di corruzione e altri legami tra gli uomini che circolavano intorno alla Protezione civile e un gruppo di imprenditori. I quali, a loro volta erano in collegamento con uomini politici utilizzati per facilitare affari, incontri e contatti.
Dalle intercettazioni racchiuse nel rapporto emergono i nomi dei parlamentari del Pdl Denis Verdini, Altero Matteoli, Mario Pepe e Guido Viceconte. Ascoltati mentre s’intrattengono al telefono con alcuni dei principali inquisiti dell’inchiesta, che a loro volta hanno rapporti privilegiati con chi gestisce gli appalti fuori controllo per la realizzazione dei Grandi eventi, a partire da Balducci e De Santis. «È stata documentata la corresponsione ai predetti funzionari di utilità di varia natura da parte di un cartello di imprenditori in cui sono inseriti, tra gli altri, Francesco De Vito Piscicelli e Diego Anemone», scrivono i carabinieri. Piscicelli è l’uomo sorpreso a dire che la notte del terremoto in Abruzzo rideva pensando a quanto ci si poteva guadagnare (anche se lui ha negato, chiedendo scusa); Anemone è l’imprenditore (ora in carcere) ascoltato e pedinato mentre parlava e s’incontrava con Guido Bertolaso.

«È stato documentato — si legge ancora nel rapporto del Ros—che prima Vincenzo De Nardo e successivamente Riccardo Fusi, rispettivamente amministratore delegato e presidente del Consiglio di amministrazione della Baldassini Tognozzi Pontello (Bpt) spa, tramite l’imprenditore De Vito Piscicelli, hanno allacciato rapporti con Balducci, De Santis e un’altra funzionaria ministeriale, entrando gradualmente a far parte di questo ristretto gruppo di imprenditori favorito nelle aggiudicazioni dall’ing. Balducci e dai suoi collaboratori»; quelli che, solo per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia avevano assegnato, già nel dicembre 2007, «undici opere da realizzarsi in varie città del territorio nazionale, per un importo complessivo di circa 339 milioni di euro».

Il trio De Vito Piscicelli-Di Nardo-Fusi, secondo il rapporto dei carabinieri, «ha avuto la preventiva assicurazione che alcuni lavori (del 150˚ anniversario e del G8 alla Maddalena, ndr) sarebbero stati aggiudicati in favore delle loro imprese unite in associazione temporanea». Ma non solo: «De Vito Piscicelli, avvalendosi dei suoi consolidati ottimi rapporti con Balducci e De Santis, ha richiesto a questi di intervenire presso il ministero delle Infrastrutture al fine di far assegnare alla Bpt spa di Riccardo Fusi il cantiere per la realizzazione della Scuola marescialli dei carabinieri di Firenze».

Per questa «mediazione» De Vito Piscicelli ha chiesto a Fusi un compenso di un milione e mezzo di euro giustificato con la sua antica e consolidata rete di conoscenze, riassunta così in una telefonata del febbraio 2008: «Io ti ho messo a disposizione, a te e ai tuoi uomini, il mio background di dieci anni di buttamento di sangue... Perché sono convinto che insieme possiamo fare delle cose... Io ne avrò benefici e tu altrettanto... Io mi sono giocato dieci anni di rotture di c... di investimenti di tutti i tipi, capisci?».

Fusi in quella conversazione diceva di capire, ma nel frattempo si rivolgeva anche ad altri amici. Uno sembra essere l’onorevole Denis Verdini, già esponente di spicco di Forza Italia e ora coordinatore del Popolo della libertà. Le telefonate tra lui e Fusi sono decine. In un’occasione — riferiscono gli investigatori — il deputato si vanta con l’imprenditore fiorentino di aver contribuito a far nominare Provveditore alle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis, uno dei quattro finiti in carcere nei giorni scorsi.

«Ti volevo dire—racconta a Fusi il 21 gennaio 2009 — quella cosa lì romana è andata a buon fine, ma è stata dura eh... diglielo ai nostri... Poi lui... devo dire... è stato molto corretto con me... il piacere me l’ha fatto... tra l’altro ho parlato con il suo capo il quale ha detto "Va bè, se è per Denis... allora si fa". È stata una cosa dura... comunque... una cosa tosta... falla pesà, insomma». Dieci mesi prima, il 3 marzo 2008, Fusi e Verdini parlavano del «coinvolgimento in una comune operazione dell’imprenditore parmense Pizzarotti».

Verdini: «Senti me... ma te con Pizzarotti come stai?».

Fusi: «Io lo conosco, ho un buon rapporto... però c’è stata quella storia degli ospedali della Toscana... Lui si sta facendo l’interporto di Santa Croce.... le ferrovie a Bologna... roba grossa insomma, capito (...). Io non so perché serve, ma insomma...».

Verdini: «Serve per quello che tu sai... perché sembrerebbe che lì ci fossero delle possibilità... ma da andare a stuzzicare... bisogna sapere che rapporto c’hai, insomma...».

Il 28 marzo 2008, invece, discutevano di un’operazione bancaria condotta sul Credito cooperativo fiorentino.

Fusi: «Ti volevo dire, ho parlato ora con Biagini, volevo...».

Verdini: «Sì, si è fatto tutto... un po’ di fatica... ma insomma si è fatto tutto». Un mese più tardi, il 24 aprile del 2008, parlando della composizione del nuovo governo Berlusconi, a Fusi che chiedeva se poteva stare tranquillo Verdini rispondeva: «Tu devi stare tranquillo, perché io ho preso una decisione... A me mi era toccato l’Ambiente (cioè il ministero, ndr)... Però esco fuori, perché se accetto mi tocca rinunciare a tutto, lasciare la banca, capito? Quindi non posso... (...) diventerò capo del partito, prenderò il posto di Bondi (ex coordinatore di Forza Italia, ndr), anche di quello nuovo... ».

Fusi: «Te l’hai capito? Che c’è tutto il mondo... ».

Verdini: «Non ti preoccupare, siamo messi bene...».

Nell’estate di quell’anno Fusi sollecita a Verdini (che in un’occasione chiede all’imprenditore l’elicottero: «Mi sa che mi serve», e quello risponde pronto: «È a tua disposizione, quando dove e perché») un incontro con Altero Matteoli, ministro delle Infrastrutture, per discutere la vicenda della Scuola dei marescialli. Il 5 agosto l’imprenditore parla direttamente col ministro.

Fusi: «Come funzioni, sei già in vacanza? Ci si può vedere un minuto?».

Matteoli: «No, io me ne vado stanotte e torno il 27 a Roma».

Fusi: «Ah, il 27, ho capito, niente allora... So che ci dovrebbe essere stato un po’ di sviluppi per quanto riguarda la Scuola di Firenze... Dovrebbe arrivare al ministero una situazione abbastanza importante perché... l’Autorità di vigilanza ha riscontrato varie irregolarità...».

Matteoli: «Però io... fino al 27 non torno a Roma ».

Fusi: «Ho capito, va bene».

Matteoli: «Ok, buone vacanze».

L’8 ottobre Fusi e Verdini parlano ancora della stessa cosa.

Fusi: «Poi ti volevo dire... con il ministro Matteoli... per quella storia della Scuola dei marescialli, che è nell’interesse dello Stato questa cosa, se si potesse anticipare... Se ci fosse verso che ci mettesse le mani lui...».

Verdini: «Con lui ho fissato che ci si sente a fine settimana... ora fammi fare... faccio lui e poi faccio quest’altro...».

03 febbraio 2010

Candidature di servizio.



Avercela una faccia. Si potrebbe anche perderla. A volte viene da dubitare che taluni non si rendano conto di che materiale ce l’hanno.
La scelta del candidato del PdL per la presidenza della Regione Toscana, ha fugato qualche dubbio.
Basta leggere le dichiarazioni al riguardo di Riccardo Migliori, ex potente ras toscano di Alleanza Nazionale: “io sono candidabile da vent’anni e non sono mai stato candidato.” Perbacco. Se andiamo a frugare nei meandri dell’esperienza personale, si può tranquillamente affermare che da trentacinque anni non si ricorda che Migliori non sia stato candidato a qualcosa. Qualcosa di concreto, beninteso. Candidature che hanno sempre avuto il crisma della garanzia di elezione. Non si ricordano occasioni in cui egli sia mai stato messo in discussione. Casomai è stato Migliori che per lungo tempo ha deciso delle candidature altrui. Fino a quando il partito gli ha consentito di farlo. Adesso che quel partito non c’è più, anche a lui è toccato di subire un’esclusione. Umiliante, per di più. In quanto sembra maturata sul filo di mere considerazioni di immagine, estetiche quasi. Insomma, Migliori non è una bella fanciulla e quindi non è dotato del requisito indispensabile nell’era berlusconiana. Chi se ne frega se forse è il più bravo di tutti. Se probabilmente è uno dei pochi in grado di distinguere una legge regionale da un pianoforte a coda…
Peccato, perché ci hanno privati della possibilità di vederlo, finalmente, alle prese con una vera “candidatura di servizio”, una di quelle che non ti garantiscono altro che la sconfitta. E alle quali, il personaggio, non è per niente abituato.