16 aprile 2008

Barra al centro.

Lo tsunami Berlusconi è passato e si è portato via gran parte del panorama politico italiano. Quelli che non erano bastevolmente forti da resistere all'onda. "Cespugli", "nanetti", in vario modo definiti e a più riprese accusati di essere il vero ostacolo alla governabilità, alla stabilità, alle riforme, al progresso. Ammettiamolo: fa un po' impressione questo parlamento repubblicano dove per la prima volta non saranno rappresentate la destra e la sinistra. Dove la rappresentanza identitaria, ideologica e quindi genuinamente "partitica" non ha trovato casa. Ed è incomprensibile la soddisfazione di chi, a destra, ha festeggiato (la signora Santanchè in testa) per la "scomparsa dei comunisti" dal parlamento nazionale. Non solo perché, vale la pena ricordarlo, contemporaneamente sono scomparsi anche i fascisti, o i post-fascisti, o, per dirla più esattamente, i post-missini. Ma soprattutto perché quel che resta, sopravvive e prospera è esattamente quel grande centro, indistinto e indistinguibile, che da anni paventavamo come il vero grande rischio che la destra stava correndo.
Una enorme massa, un corpaccione, un'entità omologatrice dalla quale è bandito ogni riferimento valoriale, culturale e ideale. Dove la misura del valore politico, sociale e personale la danno i successi economici, imprenditoriali e finanziari. Una holding, un cartello economico ancor prima che elettorale. Il consiglio di amministrazione dell'Italia SpA. E che a presiedere questo CdA ci sia Berlusconi anziché Veltroni non cambia sostanzialmente un tubo: è il definitivo suggello dei potentati economici e dei loro sodali sulla vita pubblica del nostro paese. Il primato dell'economia sulla politica. La vittoria dell'oro sul sangue.

04 aprile 2008

L'ora delle scelte.


Credo che domenica prossima, dopo qualche anno, tornerò a votare.
Intendiamoci: la cosa non mi procura nessun brivido di piacere ne tanto meno la sensazione di andare a compiere, da bravo cittadino, un atto di alto senso civico.
Tornerò a votare perché ho visto emergere dopo tanti anni qualcosa di nuovo eppur di antico...
E voterò La Destra di Storace, per l'occasione accompagnata da quella fiammettina tricolore che ne imita un'altra, più antica e più bella, che per la prima volta nella storia della repubblica mancherà sulle schede elettorali.
Perché ho rivisto nella emarginazione che sta subendo il partito di Storace, negli attacchi in odore di "arco costituzionale", nel livore razzista contro i suoi rappresentanti, una serie di manovre che il potere (una volta avremmo detto "il regime") sta mettendo in atto e che mi auguro, anche con il mio voto, di poter spezzare.
Perché sono stufo degli appelli al cosiddetto voto utile. Perché se devo impegnare il mio tempo per recarmi al seggio voglio avere il diritto di dare un voto anche inutile. Voglio votare col cuore. E non me ne frega niente se poi vince Veltroni. Sai che differenza col cavaliere! E mi fanno ridere tutti quegli anticomunisti dell'ultima ora che mi guardano come se avessi la peste e mi dicono: "ma così vince la sinistra"! E sai che problema. Cosa rischio? Di ritrovarmi un governo che faccia una maxi-sanatoria per i clandestini e che poi magari dia loro anche il diritto di voto? Come dite? Queste cose le fa il centro-destra? Appunto.

Voterò la Destra perché oggi è la cosa che più mi ricorda quello che fu il Movimento Sociale Italiano. Anche se non è la stessa cosa perché quella fu un'esperienza unica e irripetibile. Che nessuno ci potrà restituire. Soprattutto perché nessuno ci potrà restituire i nostri vent'anni e i nostri sogni.
Ma oggi, di fronte allo spettacolo infame che la casta ci propina tutti i giorni, un ricordo, anche se pallido, è pur sempre qualcosa.