26 gennaio 2011

Non arrestiamo i pensieri.

Al vaglio del ministro Alfano il reato di negazionismo.

Ministro Alfano, lasci perdere il reato di negazionismo. Farebbe un danno alla libertà, alla verità e alla dignità di tutti coloro che patirono massacri, ebrei in testa. Ho sentito che ha istituito un gruppo per studiare un testo di legge. Si fermi, la legge sarebbe iniqua, avrebbe effetti peggiori del male che vuol colpire e chiederanno di estenderla ad altri negazionismi. Un tunnel senza fine. Le opinioni che negano la realtà storica sono svariate, a volte avariate e diversamente spregevoli; ma le opinioni non si puniscono col carcere. Primo, perché le parole si condannano con le parole, gli atti con gli atti. Secondo, perché penalizzare le opinioni significa intimidire la ricerca storica che per sua natura è portata alla revisione dei fatti e dei giudizi. Terzo, perché creerebbe intorno agli ebrei un cordone sanitario di intoccabilità che è pericoloso perché rischia di capovolgersi nel suo rovescio. L’alone di immunità potrebbe scatenare desideri di infrangere il tabù, di violare l’inviolabile e creare fanatismi di ritorno e anti­patie. Quarto, perché crea il principio dell’ereditarietà delle colpe e delle tragedie, con dolorose contabilità, e il reato di complicità ideologica, due mostri giuridici dagli effetti devastanti ed esten­sibili. Quinto, perché sarebbe ingiusto punire chi nega la Shoah e non punire chi nega altri massacri, precedenti o più recenti, di armeni e di kulaki, di russi e di cinesi, di vandeani e di indios, di giapponesi e di istriani, di colonizzati e di cristiani, e potrei a lungo continuare. Non propongo di punire anche gli altri negazionismi, per carità, perché se affidiamo pure il giudizio storico ai tribunali e se mettiamo storici e docenti sotto tutela del magistrato, oltre a uccidere la ricerca storica, avveleniamo la vita civile e scolastica. E devitalizziamo la giusta indignazione, l’impulso a replicare con argomenti di verità alle menzogne. Niente discussioni, basta la denuncia; al posto nostro ci pensa il giudice. Capisco le ragioni di questa proposta e perfino le convenienze, ma lasci stare. La storia fa troppe vittime nel suo corso per farne ancora, a bab­bomorto, 66 anni dopo.

Marcello Veneziani

12 gennaio 2011

Fiat voluntas tua.


A Mirafiori si prepara il referendum tra i lavoratori per ratificare o meno l'accordo sulle condizioni capestro di Marchionne per il prosieguo della produzione auto in Italia. La classe politica nostrana, incapace di governare alcunché, figuriamoci le grandi sfide della globalizzazione, si limita a balbettare sull'evidente arretramento dei diritti dei lavoratori, rifugiandosi, al più, nella sempre rassicurante accusa: metodi da regime fascista!
Agli operai che con il diktat della Fiat perderanno, tra l'altro, la pausa pranzo, vorremmo far conoscere questo telegramma, inviato il 16 luglio del 1937 al prefetto di Torino da Benito Mussolini, che se non ricordiamo male era il più fascista di tutti...

"Comunichi al senatore Agnelli che nei nuovi stabilimenti Fiat devono esserci comodi e decorosi refettori per gli operai. Gli dica che l'operaio che mangia in fretta e furia vicino alla macchina, non è di questo tempo fascista. Aggiunga che l'uomo non è una macchina adibita ad un'altra macchina."