12 luglio 2016

Con fedeltà e vigore immortali.

Edizioni Soccorso Sociale 2015
In molti mi hanno chiesto quale è stata la molla che mi ha spinto a scrivere "Cantavamo le nostre canzoni" di getto, in poco più di un mese, dopo quasi vent'anni che ne coltivavo l'idea.
La risposta sta in questo passo finale del libro di Gabriele Adinolfi che, con grande delicatezza, ha tracciato il ritratto di un anonimo "vecchio" missino nel quale ho fatalmente rivisto tutti gli anziani della federazione pratese che mi hanno accompagnato nel corso della mia militanza e ai quali, con serena commozione, il mio libro è dedicato.


"Tarda primavera del 1971. Si sono appena concluse le elezioni amministrative. Non è ancora epoca di dirette, di internet, di exit poll. I primi risultati li forniscono le edizioni straordinarie dei quotidiani. Quella volta, dopo tanto calare, il Msi avrebbe registrato un piccolo successo, comunque molto incoraggiante.
All'edicola di piazza Colonna scorgo un vecchio con il bastone che ha appena comprato il Secolo d'Italia e si sta rendendo conto dei risultati. Esattamente come il Matusalemix di Asterix, il vecchietto arzillo, malgrado il bastone ed il peso degli anni, si mette a saltare di gioia e a gridare con voce strozzata dall'emozione: “Viva il Duce! Viva il Duce!”
Conosco la cattiveria vigliacca e il disonore di molti nostri nemici e mi dico che quell'uomo rischia di farsi aggredire. Conosco pure il pudore e l'orgoglio dei nostri e so che non posso offrirmi di proteggerlo. Così lo seguo con discrezione, lo scorto senza farmi notare. Lui è sconvolto dalla gioia, ogni sei o sette passi saltella di nuovo gridando: “Viva il Duce! Viva il Duce!”  Continuo a seguirlo finché, a una fermata, sale su un autobus. Vedo che si allontana e percepisco ancora i movimenti del vecchio che esulta. Nel mio immaginario sta ancora esultando, con fedeltà e vigore immortali.
Non ci siamo mai conosciuti ma se sono qui è anche per lui, anzi, se sono qui sono lui.
Lui ha preso quell’autobus e io ho mantenuto la linea."