28 aprile 2006

Il rischio dell'immobilismo.

Abbiamo letto questo commento dell'utente "giordano bruno" al post precedente. Ci è sembrato che meritasse uno spazio tutto suo.
-il cerchio-



A cosa serve la politica oggi? A sentire parlare alcuni, si ha l'impressione che la politica oggi sia soprattutto una specie di gioco. Un gioco
in cui si può dire tutto, e il contrario di tutto.
in cui si può stare dentro, e chiamarsi fuori.
un gioco senza coerenza, senza responsabilità.
un gioco che non ha regole, e magari vince chi gioca peggio.

Ci si è forse allora dimenticati che la politica non è un gioco, ma è la base delle scelte di una comunità. E' la via con la quale una comunità decide di affrontare i problemi, e di costruire il futuro.

E con il nostro futuro, non dobbiamo giocare. Quello che più mi preoccupa oggi, è il sentimento che tutto possa essere detto senza doverne poi portare la responsabilità. La politica diventa allora una questione di "ricette", di slogan, di soluzioni semplici che non affrontano i problemi nella loro vera complessità. Ben sapendo che poi ci penseranno altri a trovare le soluzioni vere.

Che anche a Prato Alleanza Nazionale si troverà davanti a sfide importanti lo sappiamo. Nei prossimi anni, saremo chiamati a confrontarci su temi difficili e delicati in molti settori che determinano il nostro futuro: in materia di immigrazione, di sicurezza, di assicurazioni sociali e di sviluppo economico. Temi forti, che richiedono scelte forti , ma che suscitano anche forti emozioni, e generano insicurezza nei confronti dell’ attuale classe dirigente.

In questi anni, si è fatto avanti un modo di fare politica che fa leva su queste paure e insicurezze. In A.N. si sta così diffondendo una cultura politica negativa che mette l'accento solo sui rischi e sulle paure: Il rischio di "svendere" il nostro ruolo di vera opposizione, il rischio di perdere un po' della nostra identità, di perdere la nostra sicurezza a favore dei “pochi” che vogliono mantenere la loro prosperità economica raggiunta con l’inserimento nei posti del potere elargiti negli anni di Governo Nazionale.

Questo atteggiamento genera insicurezza, e l'insicurezza è cattiva consigliera. Paradossalmente, chi meglio coltiva queste paure, oggi sembra raccoglierne i frutti. Si tratta di un'evoluzione pericolosa. Perché se oggi Alleanza Nazionale corre un rischio, è il rischio di non cogliere le opportunità. E' il rischio dell' "immobilismo".

24 aprile 2006

E adesso, pover'uomo?

Alla fine pare proprio che avremo un Prodi-bis. Si mettano l'animo in pace quanti speravano in un riconteggio dei voti. Contestati, nulli, annullati. Ci sono sempre stati, è vero, ma mai come questa volta sono risultati determinanti. Del resto da questo punto di vista siamo una specie di repubblica delle banane, dal vizio antico. Se non ci fossero stati brogli e la conta fosse stata seria al referendum del 1946, oggi avremmo ancora un re Savoia. Sai che gaudio!
Ma tant'è, la sinistra governerà e gli altri vanno a casa. E allora noi vogliamo contribuire all'individuazione di un futuro praticabile per tutti gli sfrattati dai palazzi del potere. Ex ministri degradati a "semplici" parlamentari, sottosegretari trombati, portaborse in cassa integrazione, consulenti prezzolati e titolari di agenzie in via di smantellamento, protetti e leccaculi di ogni genere vittime del perfido spoil-system prodiano: cosa vogliamo farne?

20 aprile 2006

A destra della destra.

Osservando i risultati elettorali dei partiti che si sono posti alla destra di AN ci accorgiamo che, come costantemente è accaduto, chi se ne è andato dalla “casa madre” ne esce sonoramente sconfitto. Nella loro consapevolezza di erodere voti all’odiata formazione di Fini e soci, si sono proposti alla tornata elettorale con mentalità retrodatata, oppure post-datata. Da un lato usando esperienze passate, magari i ricordi della prima Repubblica, da un altro lato l’ottica di coloro che corrono sempre avanti, magari inneggiando contro il progressivismo di sinistra. In realtà la prima caratteristica di queste formazioni è quella di non lasciarsi facilmente catalogare. Esprimono una politica curva su se stessa, sui suoi problemi di società, via via passando da un tema all’altro: scuola, disoccupazione, immigrazione, razzismo, violenza e non violenza.
Un altro dato importante di queste formazioni è quello di non riuscire a portare a galla una società civile che sappia difendere i diritti dell’uomo al di fuori degli schieramenti tradizionali e conservatori, mettendo in chiaro che ormai esiste una generazione che accetta certo la fine delle ideologie, ma non la fine delle idee, dei valori che si collegano a certe idee. Ha scarsa importanza disquisire, dunque, come molti fanno, se le frange estreme nate dalle scissioni del vecchio MSI rivelino una stagione di nuove rivolte nel panorama politico italiano, magari collegandosi fra di loro. Fa parte di una vecchia mentalità anche questo, di voler scorgere in ogni sommovimento sociale un filo conduttore, come se fossero sparsi davanti a noi i frammenti di una potenziale rivoluzione che aspetta sotto la cenere. La gente ha seguito la cultura politica nelle sue grandi manovre degli ultimi anni. Ha condiviso revisioni, controrevisioni, riforme e controriforme. Ha gettato ideologie e controideologie. Ma pone la questione delle idee semplici e delle cose semplici: poter studiare, poter lavorare, mantenere ferma la frontiera dei diritti umani, compresi quelli ecologici. Non accetta che studio, lavoro, qualità della vita, siano disgiunti da certi valori. Non vogliono che la conquista delle cose (lo studio, il lavoro) avvenga attraverso la nuova utopia della Felicità Finale gestita dai Grandi Managers. Non sono infine ciò che vorrebbero i politici: cioè gli oggetti passivi di manipolazioni continue operate in nome di cucine elettorali perpetuamente oscillanti, alternanza dopo alternanza. Per quanto sia difficile capire cosa sono e cosa vogliono ce n’è abbastanza per concludere che, dietro ad essi, appare sempre più vasta la spaccatura che ormai divide in Italia la società civile dalla società politica. Quest’ultima ha gestito prima con troppe ideologie per passare poi alla pretesa che non fossero valide nemmeno le idee. Proclamata la fine delle idee, ha preteso poi che la gente vivesse di solo pane e pragmatismo, cioè di ciò che passa la bassa cucina politica, giorno per giorno, coalizione per coalizione, equilibrio per equilibrio, finto riformismo di destra che succede al finto riformismo di sinistra. Ma fatalmente qualcosa non funziona più in questo processo, cominciano a sollevarsi le ondate di ritorno, dato che non si vive di solo pane. Invece di schedare, classificare, archiviare i “movimenti“ è forse il momento di chiedersi se certe ondate non vogliano più attenzione, legate come sono a problemi che sono dell' intera società. Ciò non toglie che si possa essere convinti comunque del suo effetto scoraggiante e dunque agire di conseguenza. Ma è una scelta politica. Legittima quanto si vuole, ma politica.

Patrizio Giugni

12 aprile 2006

Tutto per un nome.

Attanagliati come siamo dall'angoscia per l'esito ancora incerto dei risultati elettorali, non ci siamo tuttavia dimenticati di trarre alcune conclusioni circa la recente moda in auge in quasi tutti i partiti del centrodestra: l'utilizzo del nome dei leader nei simboli elettorali.
Identiche, per tutti, le motivazioni, ma decisamente diversi i risultati ottenuti.
Berlusconi non aveva certamente bisogno di inserire il suo nome nel simbolo di Forza Italia, tanto è riconosciuta fin dall'origine l'identificazione del partito con il suo leader, ma all'associazione FI/Candidato Premier e, ancor più, al suo deciso e decisivo finale di campagna elettorale si deve la straordinaria rimonta del centrodestra che era dato ampiamente per spacciato.
Casini ha incassato il miglior risultato di ogni tempo per l'UDC, che ha più che raddoppiato i propri consensi.
Soltanto per Alleanza Nazionale l'inserimento del nome di Fini nel simbolo non ha prodotto alcun beneficio. Il partito di via della Scrofa ottiene, pari pari, le stesse percentuali delle precedenti elezioni. A dimostrazione, una volta per tutte, che il valore aggiunto del presidente Fini è pari a zero. O che comunque ogni ulteriore macchinazione per ridurre la presunta forbice tra il gradimento del leader e i voti di AN è del tutto inutile. Gianfranco Fini piace alle italiche massaie quando si tratta di eleggere il più affascinante,il più serio, il più affidabile, il più elegante tra gli uomini politici. Ossia quando la "gara" non serve a nulla. Quando deve prendere voti veri, in elezioni vere, a capo di un partito, prende quelli del suo partito.
Ma la palma del peggior uso del nome spetta a Mirko Tremaglia. Il vecchio leone dopo aver speso l'intera esistenza per dare il diritto di voto ai connazionali all'estero, impone al suo partito e a tutta la CdL la presentazione di liste separate, la non-presentazione del simbolo di AN e la corsa con una propria lista - Per l'Italia nel Mondo con Tremaglia - e porta a casa uno striminzito sette percento, zero eletti e il sorpasso dell'Unione al senato. Un amaro risveglio per il padre della legge che porta il suo nome e per tutte le patetiche imitazioni di tanti piccoli cesari che infestano la politica italiana.

07 aprile 2006

Dilettanti allo sbaraglio.

Pubblichiamo uno stralcio della famosa puntata di Report (8 Maggio 2005) sullo scandalo dei contributi assistenziali che da volontari diventarono misteriosamente obbligatori e nella quale fu intervistato il prode senatore Ulivi.

Per chi volesse la versione integrale questo è il link: www.report.rai.it/viewer.asp?c=n&q=49


VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
E’ vero, la quota che pagavano i sanitari dipendenti è calata, oggi tutti pagheranno in media 120 euro, e questo perché nelle tre righe della legge è scritto che la quota del contributo obbligatorio è stabilita dal consiglio di amministrazione della fondazione. Una legge passata velocemente e senza alcuna discussione in commissione sanità. Il senatore Ulivi, che è un farmacista, questa legge l’aveva votata senza accorgersene.


AUTORE
Lei avrebbe votato contro se l’avesse saputo.

ROBERTO ULIVI - Senatore
Mah se ci avessi riflettuto probabilmente sì, perché sennò non avrei presentato dopo la proposta di legge evidentemente.

AUTORE
Abrogativa?

ROBERTO ULIVI - Senatore
Eh!

GIORGIO NICOLA SIRI- Presidente Federfarma
Perché io ho visto la legge. E’ uscita con, io credo, un colpo di mano. L’hanno fatta passare e nessuno se ne accorto.

AUTORE
Non lo sa proprio chi l’ha proposta questa legge?

CARLO SCOTTI – Associazione Nazionale Veterinari Italiani
Purtroppo non ci è dato sapere. Ci piacerebbe, per le indagini che abbiamo fatto noi e per le ricerche che abbiamo potuto fare noi non si è venuto a sapere.

AUTORE
Chi l’ha presentata quest’emendamento?

ROBERTO ULIVI - Senatore
Mah io onestamente non..

AUTORE
Lei fa parte..

ROBERTO ULIVI - Senatore
Io faccio parte del Senato, ma onestamente non mi ricordo. Nella commissione anche sanità però non è passata. Almeno io ricordo che attraverso la commissione.. ma lei capisce che quando c’è..

AUTORE
Ma tecnicamente come succede?

ROBERTO ULIVI - Senatore
Tecnicamente succede che qualcuno ha presentato quest’emendamento..

AUTORE
Qualcuno chi?

ROBERTO ULIVI - Senatore
Non lo so. Di preciso non lo so.

AUTORE
Un senatore?

ROBERTO ULIVI - Senatore
Certamente.

AUTORE
Voi non siete riusciti a capire chi è stato?

GIORGIO NICOLA SIRI- Presidente Federfarma
No, guardi sono stati di una furbizia, adesso onestamente parlando, perché non è facile eh? Non è facile in finanziaria fare entrare un emendamento di cui non sappia niente nessuno. Quindi le amicizie sono alte. Eh, perché per entrare così guardi che le amicizie sono molto alte.

AUTORE
Senta, siete riusciti ad infilarla nella finanziaria, chi è il politico che vi ha aiutato?

ARISTIDE PACI - Presidente Onaosi
Non è un politico. Siamo riusciti, è il Parlamento italiano che c’è riuscito.

VOCE FUORI CAMPO DELL’AUTORE
Ma, come si dice, in amicizia qualcuno si sbottona…

AUTORE
L’unica cosa era questa cosa strana che non si sa chi..

ROBERTO ULIVI - Senatore
Io lo so chi, ma non l’ho voluto dire..

AUTORE
E chi è?

ROBERTO ULIVI - Senatore
Ma sembra, non si è mica in registrazione? Detto fra di noi, proprio in amicizia, non lo dica neanche, credo che sia partito tutto dal capogruppo di Forza Italia Schifani.