17 ottobre 2011

Lettera aperta al Pdl.




Cari tutti, il momento è senza dubbio il più difficile che io abbia mai vissuto nella mia vita politica e civile. Per questo prima di arrivare a questa lettera, nonostante la mia proverbiale impulsività, ci ho pensato molto e ho deciso di espormi e correre il “rischio”. Ho sperato tanto e creduto molto nella classe politica che mi rappresenta, in ultimo anche nella nomina di Alfano come segretario. Però dopo lo spettacolo indecoroso di ieri credo sia il momento di dire basta, non alla politica, non al PDL, ma a tutti coloro che stanno contribuendo all’implosione del paese. A tutti coloro che sono in quel parlamento da più di tre legislature (quando va bene) e che sono stati incapaci prima di prevenire e adesso di curare la crisi. Vecchi non solo anagraficamente, e questo non sarebbe il problema, ma “intellettualmente”. Una classe politica incapace di trovare soluzioni nuove, innovative, al passo con i tempi. Solo ieri sera, nel corso della trasmissione di Ballarò, ho appreso che tra le soluzioni per affrontare la crisi ci sarebbe quella di mettere mano sulle detrazioni, follia!, sarebbe un altro modo ancora di aumentare la pressione fiscale alle famiglie. Vorrei sapere quanti in parlamento si confrontano quotidianamente con la precarietà del lavoro, con un mutuo casa, con l’ansia di un tasso variabile, con la caccia all’offerta economica, con le rinunce davanti agli scaffali del supermercato, con un reale declassamento dei propri stipendi. Ovviamente non sono solo questi i motivi che mi provocano disagi nel militare in un partito come il PDL, un partito da cui la persona che mi ci ha messo (FINI) dice di essere stata cacciata, o meglio è fuggito.
Il disagio, quindi, non è solo nei confronti di un partito in cui è annullato qualsiasi confronto, in cui ci si ritrova sporadicamente, in cui il confronto politico su piccoli e grandi temi non è contemplato, in cui una critica è fazionismo o becero sfogo. Come accennato all’inizio della lettera non nascondo il fatto che la nomina di Alfano mi aveva fatto sperare, per lo meno in un possibile ricambio generazionale, in un rilancio etico e morale dell’ azione politica, per usare un concetto da movimentista, in una piccola rivoluzione politico-culturale.
Avevo sperato nei congressi, ma anche quelli si accingono ad essere una farsa, una buffonata e ve ne spiego i due motivi principali. Il primo e che non si è introdotta una norma (idea sostenuta, so, anche da Alfano) che vieta il cumulo di cariche, la divisione tra ruolo istituzionale e dirigente di partito. Separazione fondamentale per il ricambio e l’autonomia del partito. Necessaria per far ripartire il movimento e il confronto, ma soprattutto per tutelare quell’anima critica utile a costruire grandi progetti. Sono stufo e stanco di avere coordinatori di ogni livello che sono parlamentari e che ci dicono che sono bravi e che lavorano ogni giorno 24 ore su 24 e che ti liquidano con un” non puoi capire” o “ci sono problemi più grandi”. Il secondo motivo e che si è introdotta una norma regolamentale per i congressi che permette di escludere candidature non gradite. Credo che questo non abbia bisogno di altri commenti.
Nel mio piccolo le ho provate tutte per convincere chi di dovere che si dovesse cambiare rotta che si dovesse dare segnali di discontinuità ad ogni livello. Da lettere private al sostegno dei referendum. Adesso semplicemente mi limiterò a non contribuire ad un tesseramento fittizio, utile solo a pochi soliti noti.
Un ultima cosa per i miei vertici, locali, regionali e nazionali, non abbiate l’arroganza di pensare che sia il solo a provare questo disagio. Sono decine i documenti sottoscritti da svariati dirigenti che girano tra gli eletti e sicuramente molti di questi li avete letti. Io sono solo uno dei pochi che ha deciso di uscire dall’apatia nella quale ci avete parcheggiato.
Buona fortuna

Gianluca Banchelli
Presidente della 1°commissione del comune di Prato

04 ottobre 2011

Da "indignati" a "impegnati".



di Francesco Mugnaioni*

Gli attacchi alla politica sono ormai all'ordine del giorno, moralità, capacità, competenza, tutte caratteristiche, secondo il tam tam mediatico, nelle quali i politici attuali manifestano carenze.
Evidentemente però non si può e non si deve generalizzare, ci sono decine e decine di eletti che dignitosamente e spesso "campando di altri (veri) lavori" s'impegnano per il bene della loro città, certo è, che questi spesso si perdono, strangolati da quegli stessi partiti che li hanno eletti.
E' proprio nei partiti difatti, detentori del potere di rappresentanza attraverso il quale si esercita la democrazia, che spesso viene penalizzato chi mostra competenza e intraprendenza, soprattutto se questi sono under 40 e non sono figli di nessun "padre nobile".
Come nel panorama delle aziende medio piccole italiane, dove c'è poco di manageriale e molto di familiare, i partiti sono gestiti con un approccio direttoriale da "padre di famiglia" e non inteso come figura giuridica del "buon padre di famiglia", piuttosto un padre-padrone, che dall'alto sceglie gli yesman da candidare nei seggi sicuri, mentre per gli altri offre soltanto lezioni da imparare "se si vuol stare nella casta".
Però ripeto, non si può e non si deve generalizzare, chi come me, è entrato in poitica a 15 anni, nel periodo di "tangentopoli" ed oggi crede ancora di riuscire a migliorare la vita della propria comunità, deve avere anche la forza e la libertà intellettuale di dire che nonostante tutto, nel nostro paese ci sono ancora tanti uomini e donne che fanno politica seriamente, e cosa più importante, la fanno per le persone e non per sé stesse.
Certo queste non si trovano solo in un partito, per fortuna sono trasversali, sono ovunque, centinaia di persone dalle buone capacità e dalle indiscusse motivazioni, spesso giovani, che tutti i giorni, oltre ad indignarsi per le ingiustizie che si leggono sui giornali, usano il loro tempo per dare alla politica un ruolo diverso, migliore, utile alla gente.
Ripeto ancora, non si può e non si deve generalizzare, ma allora è ovvio, si deve dare all'elettore la posssibilità di scegliere.
Il ritorno al voto di preferenza resta l'unico strumento che permetta alle persone di eleggersi i rappresentanti che più ritengono vicini, inoltre è l'unico elemento di controllo da parte dell'elettorato del proprio rappresentante, difatti è solo in questo caso che, se gli elettori si ritenessero insoddisfatti dell'operato dell'eletto di turno, potrebbero non rivotarlo, magari scegliendo un'altra persona all'interno dello stesso partito. Così com'è oggi invece, se il partito conferma il candidato, chiunque voglia votare per quel partito non potrà esimersi dal ri-votare anche lo stesso candidato, in barba a tutte le logiche di autodeterminazione della rappresentanza.
Già l'anno passato in Consiglio Provinciale io votai, in dissenso con il mio gruppo, a favore del ripristino del voto di preferenza, ed oggi non può che farmi piacere l'apertura del Ministro Maroni e di parte del PDL, la politica stessa deve cambiare, il voto di preferenza è un primo grande passo che i politici debbono fare per ridare dignità al loro/nostro ruolo, rimettendo al centro della vita politica le persone e la loro capacità di rappresentare le proprie comunità, la propria gente.
Se la politica romana farà questo passo, la politica tutta sarà pervasa da chi s'impegna ancora, in tutti i partiti, cercando di cambiare questa società invece di lamentarsene e basta, passare da "indignati" a "impegnati" sarà forse l'innovazione più grande della politica negli ultimi 10 anni.

*consigliere provinciale di Prato