Vogliono farci sentire in colpa. Ad ogni costo. Con una
gigantesca campagna di disinformazione i media nazionali e locali, le
istituzioni, i “maitre a penser” del politicamente corretto si sono mobilitati
per far ricadere la responsabilità del rogo in cui sono morti sette cinesi al
macrolotto su Prato e i suoi cittadini. Da Napolitano a Rossi, passando per
tutto il sinistrume vario e variegato, preti rossi compresi, strillano di
fronte alle miserevoli condizioni in cui si trovano costretti a vivere e a lavorare questi nuovi schiavi. Lasciando velatamente intendere che gli schiavisti, gli
aguzzini, siano i pratesi stessi, che sfrutterebbero la triste e malpagata
manovalanza orientale per rimpinguare vieppiù le loro già ricche fortune.
Ora, neanche a Prato c’è qualcuno che onestamente dimentichi
o sottovaluti le gravissime e dirette responsabilità anche della classe
industriale in ordine all’invasione cinese della città e della provincia, ma va
anche detto che se tanti imprenditori grandi e piccoli si sono ridotti
all’unica attività oggi possibile ossia l’affitto dei capannoni, è perché da
quei capannoni avevano dovuto sloggiare con le loro manifatture a causa della
concorrenza sleale dei cinesi stessi. Aggiungiamo pure che la crisi del
distretto tessile è figlia della miopia di certi industrialotti nostrani che
hanno inizialmente sfruttato, loro si, i sub-fornitori orientali, lucrando
felici sulle tariffe stracciate, ma non accorgendosi che stavano tagliando il
ramo su cui erano seduti. Ma basta qua. Le responsabilità dei pratesi arrivano
fino a questo punto. Ben altre sono le responsabilità di chi ha consentito che
si arrivasse alla situazione attuale. E in ben altre direzioni vanno ricercate.
A cominciare dalla politica, passando per i sindacati, per arrivare alla Magistratura.
Perché una cosa soprattutto i pratesi non sono più disposti
a tollerare: che con il silenzio e spesso con il consenso delle istituzioni,
Magistratura in testa, a qualcuno sia sempre consentito di infrangere le leggi
e di farla franca. Certo è essenziale che quel qualcuno abbia passaporto non
italiano, anzi meglio che sia senza documenti, di varia etnia e colore di
pelle, che sia “migrante”, rom o clandestino.
I pratesi si chiedono perché quando si trovano nei capannoni
e altrove uomini e donne entrati illegalmente in Italia non ci sia mai verso di
espellerli. Perché quando commettono dei reati non vengano mai arrestati e
condannati e, nel caso, non vengano mandati a scontare la pena nei loro paesi
d’origine.
I pratesi si chiedono quanto ancora potranno continuare a
pagare con i loro sacrifici per tutta una moltitudine di stranieri che arrivano
da noi per fare, a modo loro, impresa e che, senza versare un euro all’erario,
usufruiscono gratuitamente dei servizi sanitari e scolastici, della raccolta e
smaltimento dei rifiuti, di tutte le infrastrutture territoriali finanziate
dalla collettività.
I pratesi non hanno alcun motivo per sentirsi in colpa.
Vorrebbero, prima o poi, non sentirsi più presi per il culo.