16 febbraio 2007

Album di famiglia.



Sul blog di "Cuori Neri" si parla della presentazione del libro di Nicola Rao (La fiamma e la celtica - Ed. Sperling & Kupfer) in quel di Padova ad opera di alcuni esponenti di AN. Io sostengo che la storia del neofascismo italiano raccontata da Rao non possa essere considerata l'"album di famiglia" di Alleanza Nazionale. Non perché non esista una diretta discendenza del partito di Fini da quello che è stato per quasi cinquant'anni l'unico partito neofascista del dopoguerra, il MSI. Ma perché do per scontato che, salvo rare eccezioni, in AN si preferisca cancellare la memoria di questo recente passato. E' pur vero che in gran parte della base di AN (anche, devo dire, in quella di provenienza non-missina) il sentimento nei confronti del "partito che c'era prima" è benevolo e riconoscente, ma è altrettanto vero che le disposizioni "istituzionali" di Fini sono di tutt'altro genere. La svolta antifascista di AN impone, per calcolo o per viltà (o per tutte e due le cose), di stendere un velo di oblio sulla provenienza dei massimi dirigenti alleanzini. La mancata celebrazione del sessantennale della fondazione del MSI è più che eloquente.
Insomma, un passato che imbarazza, di cui ci si vergogna quando addirittura non ci si pente. Un passato che per noi ex missini rappresenta un imperituro motivo di orgoglio e che invece per tanti ambiziosi arrivisti uomini di AN potrebbe costituire un ostacolo alla frequentazione dei "salotti buoni" della politica.

13 febbraio 2007

Tanto di cappello, Presidente.




Lo ammettiamo: non ci aveva fatto fare salti di gioia l'elezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica. Non tanto perché fosse il primo ex-comunista a salire sul colle più alto, cosa che semmai legittimerebbe anche gli ex-fascisti ad aspirare alla stessa carica (sempre che ve ne siano ancora in giro), ma perché non ci appassiona più di tanto la "dinasty" delle solite cariatidi della politica nostrana, riciclata e riciclona. Ma le parole usate in occasione della giornata del ricordo, in memoria degli italiani infoibati, ci hanno fatto ricredere. Nessuno, neanche il tanto osannato Ciampi, aveva parlato senza mezzi termini di pulizia etnica e di colpevole silenzio per bieco calcolo politico.
Come c'era da aspettarsi il Presidente Napolitano è stato oggetto di un rabbioso attacco da parte della Croazia che gli ha procurato l'unanime solidarietà del mondo politico. Cosa faranno, ci siamo chiesti, i conigli di Alleanza Nazionale? Prenderanno le sue difese o sull'argomento foibe si eclisseranno come hanno fatto in occasione delle celebrazioni?

07 febbraio 2007

La cultura della sconfitta.

"Vincere, vincere, vincere! E vinceremo, in terra cielo e mare..."

Dopo i tragici fatti di Catania sociologi, politici e tuttologi vari si sono affrettati a rammentarci che in Italia, nelle competizioni sportive, non abbiamo la cultura della sconfitta. Cultura che è invece patrimonio comune dei paesi europei ad alto tasso di "democrazia calcistica"!
In realtà, anche volendo solo per ipotesi considerare manifestazione sportiva le scene di guerriglia urbana viste venerdì scorso a Catania, la peculiarità di noi italiani è proprio quella di voler aggirare, con ogni mezzo, la possibilità di sconfitta. Ottosettembristi del pallone? Può darsi. Del resto cosa possiamo pretendere da un popolo che inizia sempre le proprie guerre a fianco di un alleato e le finisce puntualmente a fianco di quello che era il suo nemico? Tanto per rimanere in ambito calcistico: sei un tifoso, che so, del Milan? Niente paura: all'ultima di campionato mettiti a tifare Inter e giura che il tuo cuore ha sempre battuto per i nerazzurri. In Italia si fa così.