26 febbraio 2012

Ballando sul Titanic.


Qualche amico ci chiede come mai da un po' di giorni ci stiamo occupando delle “questioni interne” del PdL pratese. Forse sono amici di recente acquisizione, che hanno scoperto il blog da poco tempo. Chi ci segue da anni sa benissimo che l'area politica del centrodestra è la nostra “riserva di caccia” preferita. Per tanti motivi, non ultimo dei quali il fatto che si tratta di un ambiente che conosciamo bene. Fin troppo. Non dovrebbe stupire se guardiamo con una particolare lente d'ingrandimento ciò che accade laddove ci auspicheremmo, spesso vanamente, che si collocasse quel che rimane di un patrimonio di valori che sentiamo nostri.
Ma oggi a maggior ragione ce ne occupiamo proprio perché siamo alla vigilia del primo congresso provinciale di quel partito. Che, giova ricordare, è il partito che tiene in vita la prima giunta non comunista o post comunista o ex comunista della seconda città della Toscana. Se questo congresso si fosse celebrato sotto una ipotetica giunta Carlesi, sarebbe stato il solito appuntamento di routine di un partito che celebra i propri riti. Avremmo probabilmente assistito al saluto dei rappresentanti delle istituzioni e dei partiti di maggioranza che avrebbero parlato con benevola e paterna simpatia agli eterni , immancabili, perdenti.
Oggi il quadro è completamente diverso. Il PdL pratese ha l'onere di trarre un bilancio di quanto fatto fino ad oggi e, soprattutto, di dare indicazioni su quanto intende fare negli ultimi due anni di legislatura. Se non vuole che al suo prossimo congresso provinciale il saluto della giunta lo porti il Carlesi di turno.
Per far questo, per ridare credibilità e sostanza ad un'azione di governo cittadino che, ci sia consentito, appare piuttosto appannata, occorre che il partito di maggioranza relativa scelga al meglio la propria classe dirigente. Chiediamo troppo come cittadini amministrati? Sbagliamo a occuparcene e a preoccuparci? Fino ad oggi, sia chiaro, a noi è sembrato che la normale dialettica pre-congressuale sia stata una sorta di vano avvitarsi su se stessi. Come se il PdL pratese, nella spasmodica attesa di sapere se la spunterà Mazzoni o Innaco, stesse ballando sul Titanic: indugiare ancora a delineare una seria visione per il futuro di Prato, sarebbe come accorgersi troppo tardi che la nave sta affondando.

21 febbraio 2012

Partiti al capolinea.

E così sembra che Berlusconi abbia accantonato l’idea di rinunciare al simbolo del PdL per le prossime elezioni amministrative e di presentare liste civiche quasi ovunque. Una mossa che gli avrebbe consentito, o almeno così lui sperava, di ottenere due risultati: una maggiore flessibilità in tema di alleanze, da ricercare di volta in volta secondo le realtà locali; una vera e propria operazione “mimetica” per non incorrere nella sacrosanta punizione dell’elettorato che giustamente imputa al PdL la responsabilità di sostenere un governo di affamatori e di strozzini. Da non trascurare il fatto che diversi sondaggi lo danno in alcune città intorno al dieci percento.
Si tratta comunque di un’ipotesi tuttora aperta che potrebbe preludere ad una ulteriore svolta dopo quella della nascita dei “club” di Forza Italia e quella del “predellino”: il superamento della forma partito così come l’abbiamo conosciuto fino ad oggi. Vale a dire archiviare le formazioni politiche di stampo ottocentesco per rimpiazzarle con forme nuove di raccolta del consenso. E se il Cavaliere ha in testa questa cosa, sicuramente c’è da aspettarsi qualche bella sorpresa. Anche perché il governo tecnico ha reso palpabile il fatto che i partiti sono ormai pressappoco inutili, più o meno dei costosi accessori.
In tal caso rivolgeremo un commosso pensiero a tutti quelli, gli ex aenne in primis, ma senza scordare tanti ex socialisti, democristiani, liberali e compagnia cantante, che, nati, cresciuti e pasciuti nelle accoglienti sponde dei vecchi partiti, traslocati in Forza Italia o in Alleanza Nazionale prima e ricollocati nel Popolo della Libertà poi, si potrebbero ritrovare orfani nel fiore degli anni.
E qualche anima bella dell’ultim’ora non pensi che il colpo di grazia alla credibilità di queste nobili istituzioni glie lo abbia dato lo scandalo delle tessere false da una parte o una pratica demenziale delle primarie dall’altra. No, grazie, avevamo già abbastanza schifo anche prima. In fondo sarebbero bastate poche semplici cose per salvarli, questi partiti: A- che non avessero abbandonato ogni contenuto valoriale e culturale; B- che fossero stati meno autoreferenziali; C- che non si fossero riempiti di incapaci ed arrivisti; D- che avessero tenuto le mani lontano dalla marmellata.
Ma con la classe politica che oggi ci ritroviamo...macchettelodicoaffà!

20 febbraio 2012

Lo stile del Cerchio.



di Patrizio Giugni
In vista del congresso provinciale, strani sconvolgimenti stanno accadendo nel PDL pratese. Le ultime “uscite” di alcuni suoi alti personaggi disegnano per questo partito un’immagine frammentata, litigiosa e non all'altezza del compito assegnatogli. Non mi sorprende che all’interno di quel raggruppamento di varie “razze” politiche qualcuno non percepisca che nella politica in generale esiste il fondamentale discrimine tra grande e piccola politica e che a questo discrimine ci si deve sempre riferire per decidere a quale di queste due dimensioni si vuole appartenere. La nostra funzione nel Circolo, da semplici osservatori, è quella di condurre, chi a questa nostra comunità si riferisce, nella dimensione della grande politica. In politica nulla è mai finito e definito perché la grande politica è sforzo continuo di interpretazione del mondo e delle realtà del mondo. Chi rincorre la piccola politica si colloca in un mondo definito che vorrebbe dire un posto stupido, intollerabilmente stupido. Siamo solidamente convinti che la politica significa fare sforzo continuo per capire ed interpretare quello che quotidianamente accade, in un atto di umiltà continua nel tentativo di aiutare questo mondo ad uscire dal complesso di semplificazione del fenomeno dello slogan, della frase ad effetto, del “l’avevamo detto”. Di qui lo stile di libertà del Cerchio che da anni continua ad essere presente in un panorama di facili amori, di facili illusioni, e di facili delusioni. Stile di libertà, stile di vita che è l’unico coagulo possibile per una comunità umana che sempre ha dato dimostrazione di essere diversa e alternativa.

15 febbraio 2012

Il Cerchio su Facebook.


Da oggi siamo anche su FB. A quasi sette anni dalla creazione di questo blog, sbarchiamo sul più famoso dei social network. Non è un traguardo, né una capitolazione. Semplicemente ci adeguiamo agli strumenti attuali di comunicazione, magari anche con l'obbiettivo di allargare la platea dei nostri abituali contatti e stimolare un panorama più "variegato" di interventi.
Del resto se abbiamo tutti questi ministri che "twittano", noi possiamo anche un po' "feisbuccare".

Un particolare ringraziamento a Donatella Longo, amica carissima e fedele custode della Fiamma, per averci definitivamente spronati a questo passo.

10 febbraio 2012

10 Febbraio. Questa repubblica antifascista ha il presidente che si merita.


Le foibe? Caro presidente, furono i comunisti
di Marcello Veneziani

Presidente Napolitano, mi dispiace, ma non ci stiamo. Ricordando ieri le foibe lei se l’è presa con «le derive nazionalistiche europee», attribuendo a esse l’eccidio di migliaia di istriani, dalmati e dei partigiani bianchi.
Ma le cose, lei lo sa bene, non stanno così. L’orrore delle foibe fu perpetrato dai partigiani comunisti di Tito con l’appoggio del comunismo mondiale e dei comunisti italiani. Lei non ha mai citato il comunismo a proposito delle foibe.
È come se nella giornata della Memoria, celebrata pochi giorni fa, non citassero mai il nazismo ma se la prendessero con il comunismo. Certo, il nazionalismo fu una delle cause che inasprì i rapporti sui confini orientali; così come è noto che l’Unione Sovietica dette una mano a Hitler nella caccia e nello sterminio degli ebrei. Ma in entrambi i casi non si può tacere il principale colpevole e va citato per nome: il nazismo per la shoah e il comunismo per le foibe o per i gulag.
Lo sterminio degli italiani e la loro espropriazione obbedì a una triplice guerra: la guerra del comunismo contro l’Italia fascista, poi la guerra dei proletari comunisti contro i benestanti borghesi, quindi la guerra etnica contro gli italiani. Non salti i due precedenti passaggi e abbia l’onesto coraggio di chiamare i sicari per nome: furono comunisti. Il nazionalismo in questo caso c’entra assai meno, tant’è vero che i collaborazionisti di Tito furono anche i comunisti italiani. Con tutto il rispetto che merita, e persino la simpatia, non ricada nel dimenticazionismo.