24 gennaio 2006

Legittima difesa: cambia la legge.

Con 244 sì e 175 no la Camera ha definitivamente approvato la legge sulla legittima difesa.

Chi, trovandosi in casa propria o nel luogo di lavoro, si sente aggredito o minacciato, o crede minacciati e aggrediti i beni che gli appartengono, può reagire come crede, utilizzando le armi legittimamente detenute ed anche uccidendo, perché la sua reazione sarà sempre considerata proporzionata.
Questo tipo di difesa, che non conoscerà più "l'eccesso" per il quale fino ad ora si poteva venire condannati, potrà essere esercitata anche in ogni altro luogo "ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale".


Bisognava arrivare alla fine della legislatura per vedere realizzare qualcosa di destra! Meglio tardi che mai.

17 gennaio 2006

Sul nuovo simbolo di AN




La presentazione del nuovo simbolo di Alleanza Nazionale con l’aggiunta del nome del leader ci stimola alcune riflessioni.
La prima, per deformazione professionale, riguarda l’aspetto grafico: da tempo non si vedeva una soluzione come questa di rara bruttezza e vetustà. Possibile che in questa era in cui l’apparenza conta più di ogni altra cosa un grande partito di governo affidi ancora la sua immagine alla buona volontà di qualche militante bravino col pennarello? Un noto salumificio modenese se la ride e ringrazia…

Una volta per modificare il simbolo di un partito occorreva la celebrazione di un congresso. Ma una volta i partiti erano fatti di uomini, di carne e sangue oltre che di ideali. I partiti erano il risultato di una grande solidarietà, maturata nel tempo grazie alla sedimentazione di vittorie e sconfitte, di gioie e di lutti, di abbondanza e di carestia. E toccare il vessillo di queste vere e proprie comunità era impresa ardua. Vale la pena ricordare, tanto per rimanere in casa (si fa per dire) dell’onorevole Fini, che agli inizi degli anni settanta l’aggiunta della dicitura “Destra Nazionale” al simbolo del MSI produsse la fuoriuscita dal partito di Almirante dei “salotini” duri e puri e la scomparsa del Partito di Unità Monarchica.
Oggi che i partiti sono sempre più il risultato di operazioni di alchimia politica (vedi l’esempio del nascituro partito democratico) la sacralità del simbolo può andare tranquillamente a farsi benedire.

E’ chiaro che l’intenzione sia quella di ridurre la forbice tra i consensi del partito e quelli di cui sulla carta gode il suo presidente. La manovra, ammettiamolo, ha un suo fondamento strategico. Del resto AN dopo averle inutilmente provate di tutte e non averne quasi mai azzeccata una, per incrementare i propri consensi non può far altro che affidarsi all’indubbio appeal di Gianfranco Fini. Il quale, tuttavia, con questa operazione si espone ad un rischio gravissimo: quello cioè di rimanere vittima dell’effetto trascinamento “al contrario”. Perché se grazie al consenso personale di Fini il suo partito otterrà qualche voto in più, ci sarà festa per tutti. Ma se, come probabile, il personale consenso di Fini verrà ridimensionato dal risultato del partito, il suo sogno di succedere a Berlusconi andrà inevitabilmente a farsi friggere.

03 gennaio 2006

L'Argonauta

Lo confesso: non sono un appassionato radio-ascoltatore. Generalmente il gracchiare ininterrotto delle emittenti (pubbliche e private) mi rompe discretamente gli zebedei. Quando voglio un sottofondo musicale alla mia attività quotidiana, preferisco scegliermi in piena autonomia cosa ascoltare. Capita così che, all’oscuro di programmi e palinsesti, mi imbatta in vere e proprie sorprese. Come quella di ieri sera, quando su Radio Rai Uno ho per caso imbroccato “L’Argonauta”, sottotitolo: “In viaggio fra libri e cultura”. La cosa sembrava interessante già così, ma al nome del conduttore – Gianfranco De Turris – si è fatta interessantissima. Non avrei mai creduto di poter ascoltare, un giorno, in una emittente di stato gli interventi di Mario Bernardi Guardi, Stenio Solinas, Pietrangelo Buttafuoco, Marco Cimmino. Sembrava di essere a un campo Hobbit! O peggio: a un congresso del movimento sociale! E che dire della schiettezza con la quale alcuni di loro (Bernardi Guardi e Cimmino su tutti) dicevano cose di destra, fieri di essere di destra! E non di quella pseudo destra del cavolo che ci ha regalato l’era berlusconiana: quell’accozzaglia indistinta di moderatini che accomuna i Casini ai La Russa, i Bondi ai Maroni, i Fini ai Rotondi e così via. No, di quella destra che lo è per davvero e che non ha remore a dire che Ernesto Guevara fa schifo, che i compagni delle BR erano dei criminali e che quasi tutti gli storiografi viventi sono dei farabutti.
Che altro dire? Che se dopo cinque anni di governo della destra per respirare un po’ d’aria pura, per affrancarsi dal cappio dell'egemonia mediatica e culturale della sinistra, occorre cercare un programma settimanale di nicchia nel preserale di Radio Uno, siamo ridotti proprio male.

Vincenzo Bellini