19 gennaio 2010

Decennale.

A margine della vergognosa beatificazione istituzionale che gran parte della casta sta tributando a Bettino Craxi nel decennale della scomparsa, pubblichiamo l'editoriale di "Confini" del Febbraio 2002. Niente da aggiungere.

No grazie. Scusateci ma non ci stiamo. Il processo di “beatificazione” dell’ex ledaer socialista morto latitante (non in esilio) ad Hammamet fatelo senza di noi. La patetica cerimonia commemorativa tenuta dagli amici vecchi e nuovi di Craxi meritava più di una precisazione da parte dei vertici di AN, delle prese di distanza, dei distinguo, degli altolà. Che naturalmente non ci sono stati. Così se da una parte Berlusconi ha potuto parlare “dell’amico Bettino” come di un personaggio a cui l’Italia deve eterna riconoscenza, se Casini ha affermato che “Craxi non meritava di morire con il marchio dell’infamia”, nessuno si è preso la briga di ristabilire un minimo di verità storica. Di una storia peraltro recentissima, che non consente vuoti di memoria. A noi pare di ricordare che vi fosse una combriccola di ladroni che hanno saccheggiato l’Italia, che l’hanno portata sull’orlo del baratro, che hanno scaricato il peso delle loro ruberie sulle spalle degli italiani, in particolare sui ceti meno abbienti. Pare di ricordare che i guasti che provocarono furono tali e tanti che tuttora ne patiamo le conseguenze in termini di quantità e qualità dei servizi che il Paese è in grado di erogare. Quanta parte delle attuali disfunzioni della sanità, dei trasporti, della scuola, della pubblica amministrazione è da ricondurre al peso della corruzione che su questi ed altri comparti gravava negli anni del craxismo imperante? E, soprattutto, quanto di quel sistema di corruzione è sopravvissuto ai nostri giorni? Sarebbe ora che tutti quelli che ci chiedono quotidianamente abiure sul nostro passato cominciassero a prendere seriamente le distanze da quel sistema di corruttela. Tanto per rassicurare noi e i nostri elettori. Tanto per non dare l’impressione che si voglia avallare la singolare tesi difensiva di Craxi il quale affermava che essendo quello il sistema e che tutti i partiti lo sapevano e ne beneficiavano, nessuno poteva dirsi colpevole. No, caro Bettino, c’era un partito che era estraneo a quel sistema di corruzione; che sapeva ma non beneficiava, anzi denunciava. Da anni, con forza e rigore. Era il Movimento Sociale Italiano, il partito sano, onesto, incorrotto che ha consentito la nascita di Alleanza Nazionale. Oggi i massimi dirigenti di AN (gli stessi del MSI) sembra abbiano dimenticato questo piccolo ma essenziale passaggio storico. Sembrano vergognarsi non solo delle lontane origini fasciste ma anche del recente passato missino. Tanto che il presidente Fini, che nel 1987 (congresso di Sorrento) diventò Segretario Nazionale affermando di voler “portare il fascismo negli anni duemila”, è costretto a rinnegare quanto dichiarò nel 1994: cioè che considerava Mussolini il più grande statista del novecento. Oggi, ministro della Repubblica, rappresentante dell’Italia alla Convenzione per la Costituzione europea, dice che i suoi riferimenti ideali sono piuttosto Giolitti, Einaudi e De Gasperi. Di questo passo il riconoscimento di Craxi come “il più grande statista del novecento” dobbiamo sicuramente aspettarcelo. Ma, per favore, non chiedeteci di esporre la sua fotografia nelle nostre sedi…

15 gennaio 2010

Quando sento parlare di cultura...


Sarà stato per sfoggiare un po’ di quella cultura alla cui guida è stata chiamata dal primo sindaco non-comunista della città. Sarà stata una fatale disattenzione. Sarà stato per pagare un piccolo pegno a certe forze politiche dell’ex “galassia nera”.
Sarà,semplicemente,che non sapeva di chi stava parlando, ma l’uscita dell’assessora alla cultura del comune di Prato, Anna Beltrame, ci ha lasciati di stucco.
Nell’ambito del suo intervento durante il consiglio sulla cultura, richiesto dal PD, si è esibita in una citazione di -nientepopodimenoché- Ezra Pound, secondo il quale “la cultura inizia quando si riesce a fare una cosa senza sforzo”.
Chissà se l’assessora conosce davvero il poeta dei cantos. Chissà se ne conosce, oltre le opere, anche la vita e le scelte che fece in perfetta coerenza con quella che fu la sua più grande ed immortale massima: "Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee, o le sue idee non valgono niente o non vale niente lui".
Noi, per aiutarla, pubblichiamo una breve selezione da Wikipedia.
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Dal 1941 al 1943 Pound realizzò a Roma per la radio italiana numerose trasmissioni in inglese in cui difendeva il fascismo e accusava gli angloamericani e la finanza internazionale di aver provocato la guerra contro i paesi che si erano ribellati al giogo dell'usura. Trasmesse in Gran Bretagna e Stati Uniti, queste trasmissioni gli valsero un'incriminazione per tradimento da parte del governo americano.
Durante la Repubblica Sociale Italiana continuò la sua attività giornalistica e compose due canti in italiano in cui ribadiva la solidarietà al fascismo.
Il 3 maggio 1945 fu arrestato da partigiani italiani e consegnato ai militari statunitensi, che lo trattennero per alcune settimane a Genova e poi lo trasferirono in un campo di prigionia dell'esercito americano a Metato, presso Pisa.
Dopo alcune settimane di reclusione in una cella di sicurezza (la "gabbia da gorilla", disse lui), subì un tracollo fisico e mentale. Gli fu allora assegnata una tenda presso l'infermeria e gli fu consentito di scrivere. Qui compose gli undici Canti pisani.
A fine novembre fu trasferito in aereo a Washington per il processo. In seguito a una perizia psichiatrica che lo dichiarò infermo di mente, il processo fu rinviato e Pound fu internato nell'ospedale criminale federale di St. Elizabeth di Washington.

05 gennaio 2010

Attaccano Fini? Sono degli sporchi fascisti.

Nell'ambito della ormai quotidiana polemica de "Il Giornale" nei confronti del presidente della Camera, spunta un nuovo elemento di riflessione.
Vittorio Feltri dice di Fini, con una buona dose di verità in effetti, che a forza di cambiare idee non glie ne sono rimaste più e che deve farsene prestare qualcuna dalla sinistra. Poi lo attacca sulla gestione del patrimonio immobiliare dell'ex AN e su altre cosette profane, addirittura paragonandolo a Di Pietro. Fin qui niente di nuovo, potremmo dire. E come reagisce, invece, Farefuturo la fondazione dei finiani più finiani di Fini? Semplice: con un anatema che, i meno giovani ricorderanno, serviva a demonizzare ogni avversario e ad annichilire ogni ulteriore possibilità di contraddittorio. Feltri è un fascista! E questo taglia la testa al toro, con lui non si discute.
I finiani, gli ultimi baluardi dell'antifascismo militante!
Chissà perché ci viene da pensare ad un tragico corto-circuito?