04 ottobre 2011

Da "indignati" a "impegnati".



di Francesco Mugnaioni*

Gli attacchi alla politica sono ormai all'ordine del giorno, moralità, capacità, competenza, tutte caratteristiche, secondo il tam tam mediatico, nelle quali i politici attuali manifestano carenze.
Evidentemente però non si può e non si deve generalizzare, ci sono decine e decine di eletti che dignitosamente e spesso "campando di altri (veri) lavori" s'impegnano per il bene della loro città, certo è, che questi spesso si perdono, strangolati da quegli stessi partiti che li hanno eletti.
E' proprio nei partiti difatti, detentori del potere di rappresentanza attraverso il quale si esercita la democrazia, che spesso viene penalizzato chi mostra competenza e intraprendenza, soprattutto se questi sono under 40 e non sono figli di nessun "padre nobile".
Come nel panorama delle aziende medio piccole italiane, dove c'è poco di manageriale e molto di familiare, i partiti sono gestiti con un approccio direttoriale da "padre di famiglia" e non inteso come figura giuridica del "buon padre di famiglia", piuttosto un padre-padrone, che dall'alto sceglie gli yesman da candidare nei seggi sicuri, mentre per gli altri offre soltanto lezioni da imparare "se si vuol stare nella casta".
Però ripeto, non si può e non si deve generalizzare, chi come me, è entrato in poitica a 15 anni, nel periodo di "tangentopoli" ed oggi crede ancora di riuscire a migliorare la vita della propria comunità, deve avere anche la forza e la libertà intellettuale di dire che nonostante tutto, nel nostro paese ci sono ancora tanti uomini e donne che fanno politica seriamente, e cosa più importante, la fanno per le persone e non per sé stesse.
Certo queste non si trovano solo in un partito, per fortuna sono trasversali, sono ovunque, centinaia di persone dalle buone capacità e dalle indiscusse motivazioni, spesso giovani, che tutti i giorni, oltre ad indignarsi per le ingiustizie che si leggono sui giornali, usano il loro tempo per dare alla politica un ruolo diverso, migliore, utile alla gente.
Ripeto ancora, non si può e non si deve generalizzare, ma allora è ovvio, si deve dare all'elettore la posssibilità di scegliere.
Il ritorno al voto di preferenza resta l'unico strumento che permetta alle persone di eleggersi i rappresentanti che più ritengono vicini, inoltre è l'unico elemento di controllo da parte dell'elettorato del proprio rappresentante, difatti è solo in questo caso che, se gli elettori si ritenessero insoddisfatti dell'operato dell'eletto di turno, potrebbero non rivotarlo, magari scegliendo un'altra persona all'interno dello stesso partito. Così com'è oggi invece, se il partito conferma il candidato, chiunque voglia votare per quel partito non potrà esimersi dal ri-votare anche lo stesso candidato, in barba a tutte le logiche di autodeterminazione della rappresentanza.
Già l'anno passato in Consiglio Provinciale io votai, in dissenso con il mio gruppo, a favore del ripristino del voto di preferenza, ed oggi non può che farmi piacere l'apertura del Ministro Maroni e di parte del PDL, la politica stessa deve cambiare, il voto di preferenza è un primo grande passo che i politici debbono fare per ridare dignità al loro/nostro ruolo, rimettendo al centro della vita politica le persone e la loro capacità di rappresentare le proprie comunità, la propria gente.
Se la politica romana farà questo passo, la politica tutta sarà pervasa da chi s'impegna ancora, in tutti i partiti, cercando di cambiare questa società invece di lamentarsene e basta, passare da "indignati" a "impegnati" sarà forse l'innovazione più grande della politica negli ultimi 10 anni.

*consigliere provinciale di Prato

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