
Intolleranza per il dissenso, è proprio quello ora che Fini denuncia all’interno del Pdl...
«Di questo ne ho scritto anche in sede scientifica. Nel libro Dal Msi ad An, ho scritto che il Msi era, e An dopo ancor di più, un partito a centralismo plebiscitario. La gestione era affidata a un leader considerato una sorta di sovrano assoluto. Fini ha esercitato questi poteri in modo assolutamente drastico, avendo in grande astio qualsiasi forma di dissenso»
Nel 1987 ci fu la festa del partito a Mirabello, con Almirante che designò Fini suo erede. La genesi?
«Dell’87 ricordo ciò che scrissero i giornali, come Panorama, che definì Fini “il miracolato dell’Assunta”. Cioè Assunta Almirante che aveva convinto il marito a designare Fini suo erede. Non so se corrispondesse al vero ma questa è l’interpretazione che se ne dava. Di sicuro Fini era designato da altri. Lui non doveva fare nulla, erano altri a fare per lui».
E adesso?
«Adesso deve star da solo e trovare la linea adeguata. Comunque non è da oggi (come politologo lo dico da anni), che la sua posizione è quella di chi non pensa di ottenere la legittimazione di leader dall’interno della forza politica a cui fa riferimento. Da tempo si presenta come ragionevole a ogni costo, moderato, politicamente corretto perché spera in una fase confusa o difficoltosa di un post Berlusconi per essere legittimato dagli altri, dagli avversari e così costruire qualcosa di più solido».
Oggi, 23 anni dopo, un’altra Mirabello, tanto attesa per scoprire quale strada sceglierà Fini. La sua nemesi?
«A Mirabello ci sarà una prova di forza. Lancerà il sasso ma ritirerà la mano. Non credo che farà uno nuovo partito, lui cerca di lavorare ai fianchi, di erodere, ma ha tutta la convenienza di restare nel Pdl».
Durante la sua segreteria, Fini è riuscito a fagocitare gli avversari oppure a epurarli. Sistema Fini oppure sistema Msi?
«Nel 1995 ho definito l’atteggiamento mentale dominante tra i quadri e i militanti il “complesso di Mosè”, cioè affidare al capo, quasi fosse un profeta, ogni responsabilità per la vita stessa della comunità dei militanti e dei sostenitori. Ora, se si pensa che Fini, più per le circostanze che per capacità sua, è riuscito a traghettare fuori dal periodo di cattività quel mondo politico e umano, si può capire perché l’intolleranza aperta verso il dissenso abbia trovato in lui un interprete ancor più rigoroso».
Molti invocano le sue dimissioni, per la questione Montecarlo e per l’incompatibilità tra leader politico e carica istituzionale.
«Ho una posizione diversa. Nell’analisi della politica seguo un approccio realista. Vorrei scrostare da molta ipocrisia le figure istituzionali: hanno tutte una storia politica alle spalle. Non si cambia drasticamente perché si passa su uno scranno significativo. Certo, la sovraesposizione e lo scontro interno non rendono Fini credibile come arbitro agli occhi della maggioranza che lo ha eletto».
Pugnalate e diplomazia: il Pdl è ad un’impasse. La maggioranza finirà la legislatura?
«A Fini e ai suoi conviene che il governo si logori giorno dopo giorno, non che cada. Se Berlusconi giungesse spossato a fine legislatura, i finiani potrebbero rivendicare buone ragioni per sancire alleanze diverse. Insomma, hanno un interesse evidente a giocare contro il Pdl, ma se accelerassero troppo rischierebbero di doversi sottoporre prima del tempo alla prova delle urne, senza essere preparati. E il loro prevedibile scarso peso non li renderebbe appetibili per i patrocinatori di terzi poli».
E al Pdl quali carte rimangono?
«Per quanto sia un azzardo, a mio parere Berlusconi avrebbe un vantaggio a stanare Fini portandolo alla prova delle urne. Il logorio serve a Fini, non a Berlusconi»
(Il Giornale)
.........e Fini parlò delle radici della Destra.....Mah! Vincenzo, Vincenzo, ma che dice......facciamo qualcosa!
RispondiEliminaGianbanc
Fare qualcosa? E cosa? Innanzitutto non farsi condizionare dagli arzigogoli oratori del presidente della Camera. Che non difetta di tecnica, per carità, ma quanto ad affidabilità ormai gareggia alla pari con la verginità di Cicciolina...
RispondiEliminaPer cui se qualcuno fosse tuttora in cerca di una propria strada in politica, lo faccia senza prestare attenzione alle parole di Fini. Lo faccia a prescindere; c'è davvero bisogno, in questi tempi bui, di una classa dirigente seria, preparata, motivita e disinteressata.
Ma cerchiamo di dissuadere gli illusi che potrebbero intravedere nell'attuale antiberlusconismo di Fini il tentativo di far risorgere Alleanza Nazionale. Qualcuno a Mirabello sicuramente ha preso questo abbaglio e qualcuno nei prossimi giorni continuerà ad equivocare.
In realtà la nascita di Futuro e Libertà non ha niente di paragonabile alla trasformazione del Movimento Sociale che dette vita ad AN. Allora si trattava - per noi missini in particolare - di cambiare il mondo, oggi si vorrebbe cambiare solo il presidente del consiglio. E poi Fini, diciamolo, non è un leader che dà vita a nuove formazioni politiche; lui al massimo le chiude. Lo ha fatto col MSI, lo ha rifatto con AN e a Mirabello ha preteso di sciogliere anche il PdL. Come se fosse cosa sua...
Ecco, l'unica cosa da fare: vigilare affinché, in caso di elezioni e sempre che il nostro Gianfranco abbia il coraggio di presentarsi in proprio, non arrivino alla nuova "cosa" centrista voti autenticamente di destra dei nostalgici di AN del MSI e del fascio littorio!
Come spesso accade in queste situazioni il ridicolo si mescola al tragico.
RispondiEliminaDove sono finiti gli sproloqui sul voto utile? Fini non era forse il figliolo prediletto per compiacere il quale fu cacciato Storace? E con l'esclusione di Casini non doveva esser una maggioranza caterpillar?
Forse per una via imprevedibile finiscono le nomination e ritorna la politica...
Marcello Veneziani, un grande.
RispondiEliminaO Gianfranco, non te ne sei accorto prima che non ti piaceva nulla di Berlusconi e del suo piglio da monarca, che detesti tutto della maggioranza in cui sei stato eletto presidente della Camera? Come prevedevo facilmente alla vigilia del discorso di Mirabello, Fini ha rotto gli indugi e ha detto con fermezza che vuol tenere il piede in due staffe. Fate schifo, amici, alleati e camerati di una vita - ha detto -, il partito non esiste, ma io resto con voi. Soffermiamoci su quattro passaggi chiave.
1) Il pdl non esiste. Il partito non esiste, però esiste un leader, esiste un governo ed esiste un grande popolo di centrodestra. Non esiste una leadership del partito che faccia da pendant al premier, è vero, ma questa carenza riguarda chi avrebbe dovuto occupare quello spazio: a cominciare dal cofondatore, Fini, che è sparito per anni e ora si riaffaccia alla politica.
2) Il governo sotto schiaffo. L’Italia sognava da una vita un governo di legislatura in grado di governare e decidere. E questa volta ce l’aveva. Ma Fini ci offre di tornare alla concertazione, al ricattuccio permanente, alla mediazione di partiti e partitini. E dire che la destra aveva costruito la sua fortuna sul presidenzialismo e sul capo del governo decisionista. Ora Fini diventa il megafono della vecchia Italia che vuole governi deboli, poteri forti e convergenze larghe. Perciò piace ad avversari, procure, circoli di stampa e gruppi di affari. Il governo indebolito, sotto schiaffo, è una manna per loro.
3) Fini chiede di poter sfasciare il bipolarismo e restituire il Paese agli aghi della bilancia, ai terzisti e ai giochini di palazzo.
4) Infine, la destra. A Mirabello è davvero rinata An, come scrive la Repubblica che si commuove perfino a sentir citare Almirante da Fini (che lo ha tradito trentatré volte)? No, la furbata di portarsi il santino nipotino di Tatarella e il santone fascistone di Tremaglia, di arruffianarsi la vecchia base con un paio di citazioni del vecchio repertorio missino, non sono la destra. E poi «le radici della destra» non sono a Mirabello, come ha detto Fini. Sarebbe davvero poca roba una destra con quelle radici lì, così corte e contorte. No, le radici della destra sono in luoghi, storie, opere, pensieri, tradizioni che non si possono ridurre alla piccola storia del finianesimo, nel suo viaggio tra le rovine, dal Msi ad An, dal grande nulla del Pdl al piccolo nulla del Fli. La destra è un popolo e non una setta, è una cultura e non una citazione rubata, è un disegno civile e politico e non una carriera personale, è una comunità e non una musica da Camera, un progetto di riforma dello Stato e non una riforma elettorale per sfasciare un governo e scroccare un partito. E chi è di destra nutre amor patrio, cioè amore dei padri, mica dei cognati. Trovo ridicolo il titolo del Corsera: «A Mirabello Gianfranco batte Almirante» notando che la folla di domenica era maggiore di quella dei tempi di Almirante. Ma per forza, quella missina era la festa innocua di un piccolo partito ai margini della politica, questo è un evento mediatico e politico che ha riflessi sul governo e sul Paese. Anche Bruto, se avesse fatto una conferenza stampa dopo aver pugnalato Cesare, avrebbe avuto il pienone.
Dopo Mirabello il bilancio dell’operazione finiana è il seguente: un governo e un partito azzoppati, elezioni alle porte, una destra decapitata e spaccata che piace così ridotta solo agli avversari. Complimenti. Un vero leader.