08 febbraio 2006

Antifascisti.

E’ apparso in questi giorni sui muri delle nostre città un manifesto dei Comunisti Italiani davvero stimolante. Si tratta di un primissimo piano della faccia di Diliberto accompagnato da una sola scritta a caratteri cubitali: “Antifascisti”.
Niente di nuovo, si penserà. E per certi versi è proprio così: che bisogno c’è di ribadire un concetto che è non solo chiaro a tutti, ma anche indifferente ai più? Come se Papa Ratzinger scrivesse “cristiano” sotto le sue fotografie.
Allora perché questa stucchevole retorica resistenziale? Diliberto sembra voler dire: si, è vero, abbiamo i nostri piccoli difetti, ma siamo antifascisti e questo ci assolve. Abbiamo per decenni lavorato al servizio di una potenza straniera nemica contro il nostro Paese, ma siamo antifascisti. Abbiamo invano tentato di trascinare l’Italia nell’orrore del regime sovietico, ma siamo antifascisti. Io Diliberto, come ministro della Giustizia, ho svenduto agli americani le sacrosante rivendicazioni dei familiari delle vittime del Cermis in cambio della liberazione della terrorista Baraldini, ma sono antifascista. Abbiamo invaso come un cancro ogni settore della società e governiamo da sempre nelle regioni rosse spolpando le casse pubbliche a vantaggio delle consorterie politiche di sinistra, ma siamo antifascisti. Ci presentiamo alle elezioni in una coalizione senza programma, divisa su tutto, che raccoglie il peggio dei cocci della prima repubblica, ma siamo antifascisti.
L’antifascismo come patente di rispettabilità. Già nel primo dopoguerra questo espediente consentì a molti comunisti di andare in parlamento anziché in galera come meritavano. Assassini, ladri, stupratori, spie, nemici dell'Italia. Abbiamo fatto la resistenza, dicevano, e giù applausi!
E invece a noi pare che nell’operazione del PdCI di rispolverare i cimeli di famiglia ci sia qualcosa di diverso dal solito. Perché è diverso, tanto per dirne una, il contesto storico. Oggi TUTTI si definiscono antifascisti. Lo fa persino Fini. Lo fa persino la Lega che nei confronti degli agitatori comunisti dei centri sociali mobilitati per impedire al “fascista” Borghezio di parlare, usa senza mezzi termini la definizione di “squadrismo fascista”!
Forse il tentativo vero è quello di mettere una pietra tombale su quell'embrione di revisione storica che sta faticosamente venendo alla luce. Il messaggio è chiaro: l'antifascismo non si tocca! La storia l'abbiamo scritta noi e così deve restare. Almeno fino a quando intellettuali e politici, anche di destra, ci consentiranno con il loro vile perbenismo di farlo.

5 commenti:

  1. Le idee che mossero il mondo:
    Dalle trincee della Prima guerra mondiale alla Marcia su Roma ma passando attraverso la lettura di alcuni testi fondamentali e l'avventura di D'Annunzio a Fiume, le frustrazioni del primo dopoguerra e le violenze socialiste del "biennio rosso": il percorso di molti fascisti fu identico. Nazionalismo e dannunzianesimo, antisocialismo e reazione piccolo e medio borghese, reducismo e sindacalismo rivoluzionario, il risorgimento di Mazzini e Gioberti e l'energia del gruppo dirigente che si era raccolto intorno alla redazione milanese del «Popolo d'Italia». Non senza fatica e correzioni di rotta, Mussolini trovò il modo di indirizzare verso il potere quella massa eterogenea di uomini, riuscendo in poco più di tre anni a trasformare un minuscolo movimento nato il 23 marzo 1919 a Piazza San Sepolcro, a Milano, in un partito deciso a guidare l'Italia. Un'esperienza talmente rivoluzionaria da influenzare uomini e movimenti politici in tutto il mondo.
    Penna Nera

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  2. l Fascismo in quante lingue si è declinato? Già negli anni Trenta, soprattutto nel mondo anglosassone e nella propaganda comunista, il termine "Fascism" indicava qualunque movimento di estrema destra e, sovente, il Nazismo. Tuttavia gli storici e gli studiosi delle idee faticano ancora oggi a trovare un comun denominatore che si adatti ai tanti movimenti politici nazionalistici e forte vocazione sociale che hanno affollato il panorama europeo degli anni tra le due guerre mondiali.
    Erano più le cose che univano o quelle che dividevano gli ustascià croati di Ante Pavelic, i rexisti belgi di Léon Degrelle, Le Guardie di Ferro rumene di Corneliu Codreanu, il movimento fascista inglese di Oswald Mosley oppure l’Heimwehr austriaca del principe Ernst Starhemberg? Ma gruppi e partiti che guardavano con ammirazione – e spesso ricevevano aiuti – ora all’Italia e al Fascismo di Mussolini ora alla Germania hitleriana erano presenti anche in Ungheria, Slovacchia, Bulgaria, nei Paesi Baltici o in quelli scandinavi, in Francia, in Svizzera, in Portogallo con l’ultra cattolico Salazar e in Spagna con la Falange (poco amata da Franco).
    Anche in America Latina l’esperienza italiana venne variamente interpretata, soprattutto nell’Argentina degli anni Quaranta quando andò al potere Juan Domingo Peron.
    Penna Nera

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  3. riconoscere il fascismo vuol dire capire quello che è stato e soprattutto quello che può essere. Troppo spesso dietro l'antifascismo di facciata si copre la complicità con chi ha rappresentato la vera continuità con il fascismo, la riproposizione di leggi e di metodi propri di quel regime.
    Paper Moon

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  4. Da non dimenticare:
    Dalla resa di fronte a Stalingrado, il 2 febbraio 1943, cioè da quando l’Operazione Barbarossa — scatenata dalla Wehrmacht il 22 giugno 1941 contro l’Unione Sovietica — comincia a volgersi in ritirata, preludio della sconfitta finale del Terzo Reich, circa 5.000.000 di cittadini sovietici guadagnano l’Occidente per sfuggire al totalitarismo comunista o perché, in qualche modo, legati ai tedeschi. Si tratta di unità militari — che hanno approfittato della guerra tedesco-sovietica per combattere una lotta patriottica e anticomunista e si sono arruolati nella Wehrmacht come la ROA — Russkaja Osvoboditel’naja Armija, l’Esercito di Liberazione Russo del generale Andrej Andreevic Vlasov (1900-1946) —, di prigionieri di guerra, di mano d’opera schiava impiegata nei battaglioni di lavoro che costruiscono il Vallo Atlantico per fermare l’avanzata degli Alleati, e di profughi. I primi cittadini sovietici sono catturati dagli Alleati in Africa Settentrionale nel 1943, quindi, in numero maggiore, in Italia nell’estate del 1944, ma soprattutto — a decine di migliaia — dopo il D-Day, il 6 giugno 1944, giorno dello sbarco alleato in Normandia. Nei campi di prigionia in Gran Bretagna alle prime voci di rimpatri forzati si verificano i primi suicidi: meglio la morte che Josif Visarionovic Dzugasvili detto Stalin (1879-1953).
    Patrizio Giugni

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  5. Il problema non sono loro che sono anti-fascisti, il problema è che noi non siamo più anti-comunisti...

    Sopratutto come dice il nostro blogger, siamo diventati anche noi anti-fascisti, accettando quell'idea comunista per cui la parola fascista sia un offesa, un dispregiativo...

    Ho sentito dire alla TV da un personaggio che se non erro fa il Direttore del Secolo d Italia che i ragazzi del FdG morti dal '70 all' '83 erano, in fondo, fascisti immaginari...

    Certo quei ragazzi non hanno conosciuto il fascismo di Mussolini e il tipo del giornale sicuramente diceva questa cosa in senso positivo, per sgombrare l'idea che quei ragazzi fossero dei massacratori, ma sono proprio queste cose che indicano come la sinistra abbia vinto culturalmente la battaglia per mettere sullo stesso piano fascismo e ingiuria..!

    E capiamoci l'hanno vinta perchè a qualcuno preoccupato per il proprio seggio non frega niente di difendere l'onore di quei ragazzi e dei tanti che gli hanno preceduti che in nome di quell'idea racchiusa in quelle 8 lettere ( f a s c i s m o )hanno lottato e sono morti..

    loro...
    noi...
    io...

    ...vado al massimo, vado in messico!! per non rischiare di incontrare sempre, sempre quel tale..,quel tale, che scrive sul giornale...a,aiaiaiaiaia..(Vasco Rossi)

    ...son ragazzi...

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