04 novembre 2005

Spunti per una rivoluzione borghese.

Quanto sta accadendo in questi giorni nelle periferie di Parigi, con scontri violentissimi tra gendarmi ed immigrati, violenze e devastazioni, ci induce a qualche riflessione. La prima,scontata, è che la colpevole sottovalutazione da parte dei governi europei del fenomeno migratorio dal terzo mondo ci regalerà, inevitabilmente, una invasione di “diseredati” che verranno nei nostri paesi incazzati neri (sic) a distruggere tutto quello che trovano e a mettere a rischio la nostra sicurezza. Il solidarismo ipocrita dei governanti “politicamente corretti”, lungi dal garantire un’accoglienza insostenibile sia dal punto di vista economico che dell’impatto socio-culturale, avrà come vistosa conseguenza quella di far mettere a ferro e fuoco le nostre città. Ma questo, ci si consenta, lo diciamo da molto tempo. Invece quelli che i telegiornali continuano a definire “quartieri poveri e degradati” di Parigi, non ci sembrano, tutto sommato, molto peggio di Secondigliano o di Scampia, tanto per fare un esempio. Forse che in queste periferie italiane vive una classe di agiati benestanti poco inclini alla rivolta nelle piazze? Difficile a credersi. Allora occorrerà riflettere su quali nuove classi sociali abbia generato la fine del ventesimo secolo, giacché al mitico “quarto stato” se ne è aggiunto ormai un quinto se non addirittura un sesto. Disperati, manovrati, disposti a tutto. Saranno loro le truppe della rivoluzione globale prossima ventura? L’unica rivoluzione italiana è stata quella fascista del ventidue. Una rivoluzione incruenta, senza teste mozzate e assalti a “palazzi d’inverno”. E a farla fu la piccola e media borghesia che a differenza di quanto avvenuto nella rivoluzione francese non utilizzò il proletariato come braccio armato, ma fece leva su valori quali l’amor di Patria per far prevalere le proprie ragioni. Oggi è lecito chiedersi se esista ancora una borghesia in grado di combattere per difendere da una moltitudine di nemici il proprio stile di vita, le proprie città (i borghi, appunto) e la propria esistenza.

7 commenti:

  1. Senza usare termini e frasi demenziali alla Prodi credo che quello parigino debba assolutamente essere considerato un campanello d'allarme. Il "ghetto" così fortemente voluto dall'internazionalismo interculturale si sta ribellando, soprattutto si sta rilevando per quello che è realmente. Il "ghetto", fino ad ora luogo dove ogni cosa era possibile e dove le istituzioni non avevano potere è uscito prepotentemente allo scoperto. Non come accade spesso in Italia attraverso regolazioni di conti, o schermaglie per il controllo del territorio. Adesso qualcuno sembra aver detto, "adesso si fa sul serio" "il nemico non è tra noi""il nemico è fuori".....Del resto l'imbarazzo e lo smarrimento che sta guidando la risposta politica a questi fatti ne è testimonianza. Le istituzioni non erano pronte a controllare il fenomeno fuori dal "Ghetto"....
    Staremo a vedere

    RispondiElimina
  2. Posso essere d'accordo sulla premessa, non tanto sul resto: punto primo il
    fascismo era interclassista e comunque qualificarlo solo come rivoluzione della media borghesia sarebbe minimizzarne la portata rivolzionaria iniziata peraltro nel 19.
    Secondariamente ho sempre odiato il termine "Borghese" così come quello "Conservatore", "reazionario", ecc.
    NOI DOBBIAMO ANDARE OLTRE LE CLASSI, CAZZO.
    Ma Evola non ha insegnato nulla?NOI SIAMO UNA RAZZA(SPIRITUALE), MAI UNA CLASSE, se no saremmo figli di Marx.
    Invece io sono figlio di tutta la storia non di due sociologi che non hanno mai lavorato(appunto MArx ed Engels)

    RispondiElimina
  3. Alessandro, noi abbiamo inteso usare il termine "borghese" nella sua accezione di abitante del borgo, non certo caricandolo di tutti quei significati negativi (che non condividiamo) di cui certa cultura di sinistra l'ha voluto dotare. Mentre siamo perfettamente in sintonia per quanto riguarda il termine "conservatore", che ci fa letteralmente schifo. Peraltro sarebbe stato diametralmente opposto a quanto volevamo suscitare l'uso dell'ossimoro "rivoluzione con servatrice". Vale però la pena precisare che IL CERCHIO è un'associazione che si prefigge, modestissimamente, di analizzare i fenomeni socio-politici, senza porsi l'assillo di fare scelte di campo. In altri termini le parole d'ordine del tipo: "Noi dobbiamo essere...Noi dobbiamo dire...Noi dobbiamo fare...ecc." competono ai partiti politici, non certo a noi.

    RispondiElimina
  4. ...... ci sono una serie di problemi inerenti l'immigrazione che non sono di facile soluzione.
    In primis, bisogna prendere atto che l'immigrazione è un fenomeno non arginabile, uno degli scopi principali di una legge è quello di incutere nella popolazione il timore della sanzione (leggi Beccaria), ora una persona che accetta di viaggiare stipato in un gommone o in una nave con altre centinaia di persone, con il rischio evidente di morire annegato, o di essere contagiato dalle peggiori malattie, una persona che accetta questo, pur di allontanarsi dalla sua condizione di povertà e di bisogno, una persona che crede che il rischio di morire annegato sia preferibile alla certezza di condurre la vita che conduce, credete davvero che possa essere intimorito da una legge che lo condanni al carcere o alla fucilazione. Il rischio di morire è sempre meglio della certezza di morire!
    E se a questo aggiungi che a vivere questa sensazione è un intero continente, un intero continente che bussa alle porte dell'Europa, che se troverà chiuse queste porte le sfonderà, e che non ci sarà nessuna porta tanto solida da impedirgli di sfondarla, perchè la disperazione non è arginabile.
    Se questa è la situazione di contesto nel quale operiamo viviamo, allora ti rendi conto che noi con la società multuiraziale, con le folle di immigrati, noi dobbiamo viverci e conviverci (del resto, mi secca dire sempre le stesse cose, ma lo abbiamo sempre fatto, dalla fondazione di Albalonga in poi).
    E allora se questo è il problema, la soluzione non può che essere, non creare più quartieri ghetto, quartieri per negri o per poveri, non consentire l'esistenza di zone malfamalte e abbandonate. In Criminologia si studia che la trasmissione del disvalore del crimine è identica a quella del valore della legalità, un persona riterrà giusto ciò che gli consente di vivere e di sopravvivere e ciò che gli verrà insegnato come giusto, ingiusto ciò che gli impedirà di farlo, ed è un problema della società se in alcune zone delle periferie delle grandi città la Polizia viene vista come un nemico e la gang come un punto di riferimento.
    Caro Cerchio, sbagli quando paragoni le nostre periferie a quelle Parigine, in primis perchè Parigi è un agglomerato molto più grande ed esteso di Roma, di NApoli e di Milano (ci sarebbe molto da discutere sulla mancanza di un urbanistica a misura d'uomo e sulle sue responsabilità nell'alienazione del diseredato in periferia), e poi perchè sopratutto nell'esempio che tu fai di Secondigliano, dimentichi di dire che lì lo Stato non c'è ma una compagine che tiene ordine esiste e si chiama Camorra, e la Camorra non ha alcun interesse a creare disordini oltre il necessario. E resta da chiedersi se sia meglio avere periferie come quelle di Parigi, dove non ci sono regole, o periferie come quelle di Secondigliano dove le regole le detta l'Anti Stato...la risposta è semplice, nè l'una nè l'altro...Beh in Italia in un solo periodo lo Stato ha sconfitto l'antistato, era dopo quella rivoluzione di cui parlavi tu...e quella rivoluzione cantava faccetta nera e non conosceva leggi speciali, nè contro la mafia, nè contro l'immigrazione clandestina...le aveva contro l'antifascismo, e non è un caso se il fascismo è riuscito a stroncare la mafia ma non l'antifascismo.
    Perchè uno stato forte non ha paura, non fa leggi speciali e non limita le libertà e i diritti degli individui, uno stato debole fa esattametne il contrario...e fra il forte ed il debole, è sempre il forte che vince...Ave

    RispondiElimina
  5. Caro Aragon (o più correttamente Aragorn) quanta retorica in questa tua visione terzomondista! Ma a chi la vuoi dare a bere la storiella delle masse di affamati che premono alle porte dei paesi ricchi ed egoisti d’Europa? Gli immigrati che arrivano da noi non sono quelli dei documentari dall’Africa, donne distrutte dalla fatica e dagli stenti e bambini con le pance gonfie. Da noi arriva solo chi può permettersi di pagare ad uno scafista una cifra che nei paesi d’origine consentirebbe di fare una vita più che dignitosa per decine di anni…Senza contare poi il ruolo della criminalità organizzata nello sfruttamento dei flussi migratori, per il business in se stesso e per l’arruolamento di manovalanza. E poi, scusa, se anche dovessimo arrenderci ad un destino di “società multiraziale e di folle d’immigrati” vogliamo chiederci come potrebbero i paesi dell’occidente industrializzato accogliere “un intero continente”. Dove troveremmo lo spazio, il lavoro, le risorse? Perché mai nessuno si pone seriamente l’obbiettivo di rendere meno precarie le condizioni di vita nei paesi del terzo e del quarto mondo? Cosicché nessuno debba “rischiare di morire” per fuggirne? E poi basta, è vero: anche a noi secca dire sempre le solite cose.
    Per quanto riguarda il fascismo e la mafia voglio invece aggiornarti su alcune cose. Il fascismo piegò la mafia grazie a provvedimenti speciali. Specialissimi. Il prefetto Mori ricevette da Mussolini totale carta bianca. E agì nei confronti dell’onorata società, non certo con i trattati di sociologia o di criminologia, ma con un memorabile pugno di ferro. Peraltro senza riuscire a debellare del tutto la mafia siciliana, la quale, di concerto con quella statunitense, favorì, preparò e coordinò lo sbarco degli alleati. Ricevendo dai “liberatori”, in cambio del servizio reso, la consegna del potere politico della futura democrazia.
    Infine l’idea che il fascismo sia stato sconfitto dagli antifascisti è una colossale idiozia. Il fascismo è stato sconfitto dalla più grande coalizione armata mondiale mai realizzatasi nella storia dell’umanità. Da un soverchiante strapotere militare che fu in grado di battere non solo le povere forze armate italiane ma anche il potentissimo apparato bellico del terzo reich. E qui ti do ragione: tra il forte e il debole è sempre il più forte che vince. Ave vobis.

    RispondiElimina
  6. Le rivolte dei ghetti, come amano chiamarle quelli che sui giornali fanno il tifo per i rivoltosi, hanno sempre la stessa genealogia, a Parigi, a Marsiglia, a Los Angeles come a Brixton. C’è sempre, a monte, un problema con la polizia: un rapper brutalizzato, un giovane marocchino sospetto di qualche crimine pestato a morte, o, più spesso, qualche massiccia perquisizione in uno stabile di periferia. La rivolta di Brixton degli anni Ottanta iniziò perché, dopo anni di apparente disinteresse, la polizia aveva fatto un raid nel cuore del quartiere, sequestrando ingenti quantità di droga e arrestando alcuni giamaicani. Chi credete che abbia un controllo sociale tale da poter scatenare la guerriglia organizzata in interi quartieri e mantenere le truppe in campo per settimane? Al Qaida? I comitati di quartiere? Nossignore, sono i network dello spaccio e del piccolo crimine, le gang e le mafiette che dominano le periferie e vogliono che le forze dell’ordine non vadano a calpestare le loro aiuole. Altrimenti, avvertono, le cose potrebbero andare molto peggio. La soluzione delle sinistre è sempre la stessa: fuori la polizia e più soldi, teniamoli buoni e lasciamoli fare. D'altronde, lo spaccio esiste perché la droga è vietata, gli aborti clandestini perché l’aborto è illegale e l’immigrazione clandestina perché ci sono leggi che limitano il “libero flusso” di uomini e merci. E anche in questo caso, la storia tutta interna alla sinistra ha fatto il suo corso: i quartieri satellite sono nati per volontà loro, costruiti da architetti ideologicamente annebbiati, le municipalità sono gestite da amministrazioni socialiste che ottengono più soldi e la soluzione sono i comitati di quartiere che calmano i giovani purché la polizia se ne vada - spiegandogli che “non è questo il metodo”. E la colpa è del razzismo. Quello ovviamente dei “francesi”. Quei pochi che rimangono. Prodi dice che nel nostro futuro vivremo situazioni analoghe. Se vince lui è fuor di dubbio.

    Marcello De Angelis
    tratto da Destrasociale.org

    RispondiElimina
  7. L'istruzione del popolo e la moralità delle classi povere sono, credo, cose dell'avvenire. Ma quanto all'intelligenza delle masse ecco ciò che nego, qualsiasi cosa possa avvenire, perché esse saranno sempre masse.

    Ciò che conta nella storia è un piccolo drappello d'uomini (tre o quattrocento per secolo forse) e che dopo Platone fino ai giorni nostri non è cambiato; sono costoro che hanno fatto tutto e che sono la coscienza del mondo. Quanto alle parti basse del corpo sociale, non li eleverete mai. Quando il popolo non crederà più all'Immacolata Concezione, crederà ai tavoli girevoli. Bisogna consolarsi di ciò e vivere in una torre d'avorio. Non è bello lo so, ma con questo metodo non si è né fessi né imbonitori.
    La massa, il numero, sempre idiota. Non ho tante convinzioni, ma questa è certa. Tuttavia bisogna rispettare la massa, benché inetta, perché essa contiene i germi di una fecondità incalcolabile. Dategli la libertà ma non il potere.

    RispondiElimina