16 novembre 2005

Provocazione autoironica su una insanabile differenza. Destra, Sinistra e satira: è genetica ragazzi!


Tratto da AREA - L’abate Mendel, coi suoi fagioli gialli e verdi, non aveva mica poi tutti i torti: la genetica è tutto fuorchè un opinione. Un cavallo non sarà mai un uomo, anche se, abbastanza spesso, si è sentito di uomini che parevano cavalli, e che ragionavano come dei muli. Lo dico perchè, di questi tempi, è stata rispolverata la solita vecchia storia sul fatto che la destra non vanta comici di rango e che, sul versante della satira, si lascia bagnare il naso dalla sinistra. Mi verrebbe da chiudere l’argomento con il solito: che due maroni ‘sta storia di destra e sinistra...visto che i fessi prosperano su entrambe le rive e, anzi, traghettano dall’una all’altra con allegra frequenza. Ma, in fondo, una volta tanto, perchè non confessare come stanno davvero le cose, senza tante scuse? Berlusconi ha inaugurato la moda della geremiade ad oltranza: ce l’hanno tutti con lui, ce l’hanno tutti con noi, nessuno ci vuole bene, a noi di destra! E vabbè: nessuno ci vuole bene. E hanno ragione, ammettiamolo: noi di destra siamo cattivi da morire, abbiamo una memoria da elefanti per i torti subiti, non ridiamo delle battute sceme e ci piace fare a cazzotti coi prepotenti. Facciamo così: ci vogliamo bene tra noi. E ci basta. Poi ci sono le fidanzate e le mogli di quelli di sinistra: non ci vorranno bene, ma si comportano come se ce ne volessero. Non sarà una gran soddisfazione, ma è pure qualcosa. E, ancora, ci sono le mezze calzette: non ci vogliono bene, ma si sforzano di compiacerci, perchè hanno una paura fottuta delle nostre manone e del nostro scarso senso dell’umorismo. Neppure questa è una gran soddisfazione, ma addolcisce la solitudine delle nostre lunghe sere tetre. Oh, insomma, cosa si pretende da noi? La colpa non è nostra: è della genetica, vi dico. Quando gli antenati dei satiri della sinistra stavano a casa ad accordare liuti e tiorbe, i nostri ancestri andavano in giro a tagliare le teste dei nemici. Tornati a casa, stanchi e accigliati, spesso accadeva che, nel caso in cui il giullare diceva una mezza parola di troppo, lo accorciassero netto di un paio di spanne. A noi è rimasta un po’ di questa mania decapitereccia e ai discendenti dei giullari un peculiare senso di precarietà della propria posizione. Bisogna dire che, un pochino, a leggere i giornali, quel brutto difetto ci è proprio rimasto, se è vero che ad ogni piè sospinto ci accusano di stilare liste di proscrizione per tagliare delle teste. Ma è solo una questione genetica. Se proprio dovevano fare del cabaret, i nostri antenati preferivano fare i trovatori, i nobili guerrieri, i cantori: pareva loro più adatto, più dignitoso. Dario Fo l’avrebbero mandato a tirare calci a rovaio. E vi confesso che anche a me, quando vedo il suo nasone e la sua boccona, quando sento le sue sesquipedali cazzate, prudono, per riflesso di atavismo, le palme. Comunque, abbiamo fatto il possibile per perdere quelle brutte abitudini: abbiamo inventato il torneo, che della guerra è solo la parodia e, più tardi, lo sport, che ne è la metafora. In quello siamo proprio bravini: la ragione risiede nel fatto che, abbastanza goffi nel mettere il prossimo alla gogna, abbiamo una certa qual praticaccia nel mettere alla prova noi stessi. Così, sudiamo nel fango dietro a palle ovali, pedaliamo, colpiamo pallette di pezza gialla con euforica violenza: in fondo, ci sembra sempre di tagliare teste e di sfondare usberghi. La genetica, dicevamo, non è un’opinione. Invece, provate ad immaginarvi Paolo Rossi, il comico mica il calciatore, che saltasse con l’asta o che affrontasse un avversario sul tatami: resterebbe un comico, anzi, sarebbe ancora più comico. La genetica, null’altro che la genetica, determina tutto ciò. La sinistra ha un estro innato per la pagliacciata, per il risolino sardonico, per l’arte dei guitti e dei mimi: noi non ce l’abbiamo. Cosa dobbiamo farci? Tagliarci le vene? E neppure le nostre donne possiedono la delicata capacità parodistica della Guzzanti, il garbo intellettuale della Dandini: le nostre donne, al massimo, spaccano il naso ad un teppista con una zuccata. Genetica. Dunque, amici di destra e di sinistra, abbandonate questa inutile querelle: sia dato a Cesare quel che è di Cesare. Comici, istrioni, umoristi e commentatori satirici sono e saranno sempre di sinistra; unitamente a Biagi, Santoro e a tutti gli altri granduomini televisivi. Non ci si può far nulla. Un uomo di destra non potrebbe mai corricchiare come Benigni nè esclamare di fronte a Nicoletta Braschi: “Sei bellissima” senza mettersi a ridere. Ci manca il tempo comico: rassegnamoci. Non ci resta che tenerci i nostri sport, le nostre sudate e la nostra mancanza di humour. In un modo o nell’altro ci consoleremo. Solo mi chiedo: ma che scusa inventeranno con i mariti le donne di sinistra? Mistero! O anche questa è genetica?

Marco Cimmino

2 commenti:

  1. Io non mi stupisco di coloro che cercano di spiegare l'incomprensibile, ma di quelli che credono di aver trovato la spiegazione, di quelli che hanno il buon Dio (o il non-Dio) in tasca, e ben inteso ogni dogmatismo mi esaspera. In breve il materialismo e lo spiritualismo mi sembrano due impertinenze.

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  2. In generale l'atteggiamento che consiste nel dare un'importanza assai minore del giusto (o di quella che si ritiene tale) a se stessi o alla propria condizione o situazione o a cose o persone che hanno stretto rapporto con se stessi. La storia della filosofia conosce due forme fondamentali d'Ironia: 1° l'Ironia socratica; 2° l'Ironia romantica. 1° L'Ironia socratica è la sottovalutazione che Socrate fa di se stesso nei confronti degli avversari con cui discute. Quando nella discussione sulla giustizia Socrate dichiara: "Io ritengo che l'indagine è al di là delle nostre possibilità e che voi che siete bravi dovete aver pietà di noi piuttosto che arrabbiarvi con noi", Trasimaco risponde:" Ecco la solita I. di Socrate " Poiché l'infinità dell'io è qui soltanto un'infinità " interiore ", cioè l'accentuazione all'infinito del valore dell'io nella coscienza, ma non è l'infinità effettiva e creativa dell'Io assoluto dei romantici, l'I. non ha più il suo significato romantico: è solo il contrasto tra la coscienza esaltata che l'io ha di sé e la modestia delle sue manifestazioni esterne.
    DIONISIACO

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