
Che coincidenza! Nel giorno in cui la Procura di Roma chiede l'archiviazione per il presidente della Camera (ma che velocità per Gianfrego!) spunta l'ennesima inchiesta sull'ennesima donzella finita nel letto del cavaliere. Dove sono finite le anime belle che strepitavano contro i giornalisti cattivi, fabbricanti di dossier e invasori della privacy? Perché sarebbe lecito e deontoligico spiare dentro le mutande del Presidente del Consiglio e riprovevole cercare di capire come il Presidente della Camera si sia appropriato di un bene del partito per omaggiarlo ad un suo famiglio?
Parliamoci chiaro: a noi di quante donne si tromba Silvio Berlusconi non ce ne frega un cazzo. Perché fa con roba sua. Siano soldi o siano altri requisiti. Ci disturba soltanto l'ipocrisia di tutti quei soggetti "politicamente corretti" che non perdono mai occasione di frantumarceli con la salvaguardia dei diritti altrui. Il premier è un vecchio satiro, schiavo dei suoi istinti sessuali: scandalo, vergogna, abominio! E allora? E se fosse stato gay? Avrebbero riservato al Berlusca la stessa benevola e civile tolleranza che ci aspetteremmo nei confronti di un Vendola, qualora diventasse Presidente del Consiglio?
A noi vecchi militanti della fiamma tricolore interessa, invece, sapere come un bene lasciato in eredità ad AN dalla fascistissima contessa Colleoni sia finito a prezzo di liquidazione nella disponibilità del cognato di Gianfranco Fini. Ci interessa perché la clausola con cui la defunta destinava l'appartamento di Montecarlo parlava espressamente di "continuare la buona battaglia". Povera contessa Colleoni che, come tanti altri ex fascisti, nel 1999 pensava ancora che AN fosse l'erede del MSI. Sappiamo benissimo a quale buona battaglia voleva alludere. E lo sapeva anche Gianfrego. In tanti quella battaglia l'hanno combattuta e avrebbero voluto continuare a combatterla, lui invece ne ha combattuta un'altra, tutta sua, personalissima e indecente. E purtroppo l'ha vinta.